L’intelligenza artificiale e la posizione della Chiesa rispetto a questa nuova sfida tecnologica.
L’intelligenza artificiale, oggi più che mai, è un argomento di cui non si può fare a meno di parlare. La Chiesa, sempre attenta alle nuove sfide tecnologiche, se ne sta occupando in maniera piuttosto attiva. Facendo un passo indietro nel tempo, e rileggendo i passi dell’introduzione del decreto conciliare Inter Mirifica, ci si rende conto di quanto il tema della comunicazione di massa e i suoi mezzi, siano stati sempre di grande interesse e di grande preoccupazione per essa. Sono trascorsi circa 60 anni dal Concilio, i mezzi di comunicazione sono totalmente cambiati, ma non cambia l’approccio dell’uomo rispetto a questi strumenti. La Chiesa è stata sempre tecnologicamente al passo con i tempi, Nel 1931 Radio Vaticana, trasmetteva per la prima volta con un annunciatore d’eccezione, Guglielmo Marconi, l’inventore della radio. Per la prima volta un Pontefice, Pio XI, dal Vaticano, arrivò fino ai confini del mondo, seduto su di una sedia. Sono gli anni in cui le prime radio compaiono nelle case. Da quel momento in poi l’annuncio del Vangelo non ha più limiti territoriali, può arrivare ovunque, attraverso un microfono. Qualcosa che per l’epoca è sconvolgente, per noi oggi è semplicemente normale, come l’utilizzo che ne facciamo senza meravigliarci più. E’ proprio in virtù del riconoscimento della potenza di questi primi mezzi di comunicazione, in seguito arriverà anche la televisione, che il Concilio ritiene opportuno occuparsene, lasciandoci queste parole:
“”
La tecnologia è da sempre parte integrante della pastorale, rimanendo al passo con il suo sviluppo, utilizzando nuovi strumenti a disposizione per essere sempre presenti sul territorio e nelle comunità.
Per la prima, in questo 2024, un Pontefice ha partecipato al G7, proprio in occasione della giornata in cui all’ordine del giorno c’era l’IA. La posizione della Chiesa, appare piuttosto chiara, anzi per meglio dire il pensiero del Papa che la rappresenta. Il suo invito da parte dei leader mondiali aveva come finalità proprio quella di ascoltare una voce fuori dal coro e dagli interessi di parte. Papa Francesco è un uomo del nostro tempo, perfettamente consapevole di quanto sia importante l’evoluzione tecnologica e scientifica siano fondamentali per l’umanità. Ciò che ha ribadito, sono le opportunità che ci offre l’AI ma anche i rischi che si corrono se se ne fa un cattivo uso, primo fra tutti la perdita della libertà e della dignità dell’uomo, per il quale deve rimanere prioritaria la capacità e soprattutto la volontà di prendere l’ultima decisione. Non dobbiamo e non possiamo permettere a delle macchine macchine di prendere delle decisioni per noi. Lo sviluppo di certi strumenti deve essere sempre subordinato all’etica, a quei valori condivisi che ci permettono di fare comunità. Una macchina tiene conto solamente di ragionamenti logici, totalmente privi di empatia e coscienza. Non bisogna demonizzare la tecnologia, anzi bisogna tornare a quella sana collaborazione tra scienza e fede, che permette di avanzare senza mai perdere di vista i valori fondamentali portatori di beneficio per la persona. Il Papa ha esortato la politica a non essere indifferente a questi nuovi fenomeni, a rimanere vigile nei confronti di un eventuale dittatura tecnologica e lavorare di più per sviluppare quel pensiero critico che può essere il mezzo con il quale si può istruire l’IA in favore del bene comune.
Industria 5.0 e Società 5.0: una nuova tecnologia per l’uomo
Un passaggio storico
Mentre il termine “Industria 4.0” è ormai noto da tempo, almeno nell’ambito degli addetti ai lavori, “Industria 5.0” è un concetto ancora da approfondire. L’industria 4.0 è un processo che scaturisce dalla quarta rivoluzione industrialee chesta portando alla produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa. Il termine “Industria 5.0”, invece, compare per la prima volta nel 2015, in un articolo di Michael Rada, pubblicato su LinkedIn, in cui si sostiene un ritorno alla centralità dell’ambiente e delle persone nel processo industriale. Sulla stessa linea si colloca il concetto di “Società 5.0”, apparso nel 2016 a opera della Keidanren, la più importante federazione imprenditoriale giapponese, riferendosi a una società che cerca di bilanciare lo sviluppo economico con la risoluzione dei problemi socio-ambientali, in cui le tecnologie vengono usate non solo per profitto, ma per migliorare la qualità della vita di ogni cittadino. Nel 2018, Esben H. Østergaard, co-inventore dei cobot UR, sostiene che l’industria 5.0 è «il ritorno del tocco umano nella produzione». L’industria 4.0, infatti, rischia di sprecare la creatività, il problem solving e la capacità critica proprie dell’essere umano per lavori da robot, mancando così l’opportunità di realizzare la persona umana in tutte le sue potenzialità. Infine, nel 2021 la Commissione Europea produce un “Rapporto su Industria 5.0”, che si inserisce nell’ambito delle principali iniziative politiche su industria e tecnologia, come la proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale e il Green Deal.
La differenza tra “Industria 4.0” e “Industria 5.0”
Possiamo dire, dunque, che Industria 4.0 è sinonimo di quarta rivoluzione industriale: dopo la prima rivoluzione dei macchinari a vapore di fine ‘700, la seconda dell’energia elettrica e della chimica con la produzione di massa di fine ‘800, la terza dell’informatica e dell’elettronica con l’automazione dagli anni ’70 del XX secolo, l’industria 4.0 si basa sull’Internet of Things e la comunicazione di dati in tempo reale per una fabbrica ubiqua, fisica e virtuale nello stesso tempo. L’industria 4.0 si fonda, quindi, un paradigma focalizzato sulle tecnologie abilitanti, su efficienza e produttività.
L’industria 5.0, invece, non è tanto una rivoluzione tecnologica, quanto culturale: un paradigma focalizzato sulle persone e sull’ambiente, quindi su qualità della vita e sostenibilità al centro del processo di produzione, con il supporto delle tecnologie dell’industria 4.0. L’industria 5.0, così come presentata nel rapporto della Commissione Europea, si caratterizza per umanocentricità, sostenibilità e resilienza. Vediamo cosa sottendono questi termini.
L’umanocentricità significa che prima vengono le persone. L’Industria 5.0 mette, infatti, gli esseri umani al centro dei processi di produzione; la tecnologia viene utilizzata a servizio della qualità della vita dei cittadini e dei lavoratori, e non viceversa. Ne consegue un approccio più attento a diritti fondamentali come privacy, autonomia, dignità umana. Un’altra conseguenza porta l’azienda a guidare e formare il lavoratore, grazie alla tecnologia, rispetto alle sue necessità, anziché farlo adattare alle esigenze della tecnologia. L’Industria 5.0 è per sua natura sostenibile. Garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future. Riutilizza e ricicla le risorse naturali, o comunque ne evita l’esaurimento; ottimizza il consumo energetico e le emissioni, sviluppa processi circolari che riducono l’impatto ambientale delle proprie attività. Una riduzione che può avvenire grazie all’utilizzo di apposite tecnologie per ogni fase del ciclo di vita del prodotto/servizio, a partire dalla simulazione fino all’ottimizzazione della supply chain.
L’industria 5.0 è resiliente: ovvero, è capace di reagire ai cambiamenti improvvisi, anche traumatici, senza riportare conseguenze permanenti. È un’industria che ha sviluppato un alto grado di robustezza nella produzione, che garantisce alti livelli di continuità operativa e disaster recovery, che ha una capacità produttiva adattabile e processi commerciali flessibili, in grado di garantire prodotti e servizi anche in caso di eventi straordinari, come pandemie, catastrofi naturali, cambiamenti geopolitici.
Gli effetti sulle aziende e sulle persone
L’industria 5.0 ricolloca le aziende nella contemporaneità in cui agiscono, le rende co-responsabili del benessere della società e del pianeta, quindi al tempo stesso più attraenti sia per gli investitori, sia per i consumatori. Le caratteristiche dell’industria 5.0 cambiano i modelli di business, favorendo i modelli circolari, stimolando la produzione di massa personalizzata, migliorando l’adattabilità dei processi produttivi. Nell’industria 5.0, il lavoratore viene considerato un investimento, che consente all’impresa di crescere. Viene quindi formato, responsabilizzato e coinvolto nella progettazione e nell’esecuzione delle nuove tecnologie industriali. Grazie alla tecnologia viene sollevato dai compiti più ripetitivi e pericolosi, svolti dai robot, e stimolato a mettere a frutto le proprie capacità.
L’industria 5.0 utilizza le nuove tecnologie per rendere più sicuri e inclusivi gli ambienti di lavoro, per aiutare i lavoratori a controllare e gestire meglio i rischi di burnout del lavoro digitalizzato, per ridurre l’impatto ambientale. Si assicura che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale non mini la dignità del lavoratore e garantisca la possibilità di ricevere sempre una spiegazione di una decisione algoritmica in caso di violazione. Infine, l’industria 5.0, per le sue caratteristiche, attira e trattiene meglio i talenti, risultando perciò maggiormente competitiva.
In conclusione, possiamo affermare che l’industria 5.0 si differenzia dalla 4.0 perché quest’ultima si è concentrata soprattutto sull’uso di tecnologie, ma non ha prestato attenzione ai lavoratori e a modelli di sviluppo più sostenibili.
La società 5.0: un nuovo umanesimo “digitale”
Con l’espressione Società 5.0 si vuole dare forma e sostanza alla visione di un futuro in cui tecnologia e valori umani si combinano per innalzare la qualità della vita di ogni persona. L’idea di società 5.0 nasce nel 2016 in Giappone come programma governativo per costruire una società basata sì sulla tecnologia e sulla digital evolution, ma che riportasse al centro di tutto l’uomo, al fine di migliorare le condizioni di lavoro e di vita.
Keidanren, un’importante Business Federation nipponica, ha condiviso un documento in cui è riassunta la visione di una società 5.0: lo spazio fisico, popolato da uomini e macchine, si fonde con lo spazio cibernetico, quello cioè dove vengono raccolti i Big Data, analizzati dall’intelligenza artificiale per creare valore. Pensato come una risposta ai problemi attuali di inquinamento, terrorismo ed invecchiamento della popolazione, alla base del concetto di Società 5.0 c’è l’idea di sfruttare la tecnologia come una risorsa al servizio della società intera, in funzione dell’efficienza, della sostenibilità economica, sociale e ambientale. Si parla, infatti, di “Super Smart Society” e di 5° Rivoluzione industriale, in cui l’aspetto sociologico riacquista un’importanza centrale e che esigerà la ridefinizione dei modelli organizzativi attuali.
Per poter funzionare, il modello di Società 5.0 richiede però un passaggio ulteriore. Non basta un’evoluzione digitale in ogni aspetto di vita quotidiana, ma occorre adottare un approccio collaborativo. Per questo motivo si parla di innovazione “partecipata”, dove le imprese si sostengono a vicenda con partnership di valore e dove la società tutta si muove verso un benessere generalizzato all’insegna dell’inclusività. Le macchine non sostituiranno le persone nel lavoro, le quali si dedicheranno piuttosto a un lavoro più creativo e di gestione dell’apparato tecnologico. In questo scenario, i big data saranno la base per creare valore per una società in cui i prodotti e i servizi saranno sempre più personalizzati.
La società 5.0, pertanto, porta con sé una nuova concezione ed un nuovo modo di considerare la natura umana definibile come “Umanesimo Digitale”. Una visione che professa il recupero della centralità dell’uomo rispetto alle macchine e alla tecnologia, per avviare una “rinascita” della cultura, delle relazioni e della moralità. Esso non converte l’essere umano in una macchina, né investe le macchine del ruolo di “esseri umani”, ma riconosce la specificità dell’essere umano e delle sue capacità, servendosi delle tecnologie digitali per accrescerle e non per limitarle. Il nuovo paradigma della società, mira a raggiungere una convergenza avanzata tra il cyberspazio e lo spazio fisico, consentendo alle tecnologie come l’Intelligenza Artificiale basata su BigData e Robot, di eseguire o supportare i lavori che gli umani hanno fatto fino ad ora. Questo libera gli esseri umani dal lavoro e dalle attività quotidiane gravose, nelle quali non sono particolarmente bravi e allo stesso tempo genera un nuovo valore, che favorisce l’ottimizzazione dell’intero sistema sociale e organizzativo. Questo è un modello di società centrata su ogni singola persona, con una moltitudine di servizi e applicazioni che si scambiano dati con il fine di perseguire il benessere sociale, non un futuro controllato e monitorato da Intelligenza Artificiale e dai Robot. Centrare l’obiettivo dell’umanesimo digitale con questi attributi consentirebbe al mondo intero di progredire con lo sviluppo economico, risolvendo allo stesso tempo i problemi sociali chiave, oggi ancora irrisolti. Alla luce di tutta questa trasformazione, che mette in gioco sia il capitale umano che quello tecnologico, l’Umanesimo Digitale e la Società 5.0 raccolgono la sfida di configurare la digitalizzazione in modo tale che essa possa contribuire all’umanizzazione del mondo rendendolo un posto migliore caratterizzato da una società centrata sull’uomo in cui ogni essere vivente possa godere di benessere e un’alta qualità della vita
LA CATECHESI CRISTIANA – MESSAGGIO E NUOVI SPAZI E LINGUAGGI
«La sfida riguardante il mondo digitale, i social, in questo tempo confuso rappresentato dalla pandemia, è quella di farne strumenti (spazi) che ci avvicinino al prossimo enfatizzando ciò che ci unisce e non trasformandoli in un surrogato del pensiero».[1]
La pandemia vissuta nel 2020 è un evento storico che ha modificato l’intero universo e l’umanità, mostrandoci in modo ancora più chiaro quanto siano importanti ed utili gli spazi digitali, tra i quali le reti sociali, anche per la catechesi per l’iniziazione cristiana e per tutte le giovani generazioni.
Nel periodo del lungo lockdown gli spazi digitali, tra i quali le reti sociali, sono stati gli unici ambienti comuni che ci hanno aiutato a mantenere in vita i rapporti personali con tutti coloro che non erano parte del nostro nucleo abitativo. Ci hanno aiutato a non farci sentire soli, a mantenere viva la relazione con i bambini e i ragazzi presenti nelle nostre parrocchie per provare almeno a far arrivare a loro e alle loro famiglie, anche attraverso il web, la nostra presenza, guardandoci in faccia e condividendo le difficoltà che quel periodo ci stava mettendo davanti, nel tentativo, nonostante la distanza fisica, di sentirci e ‘fare’ comunità.
Ora che ormai da qualche tempo siamo tornati ad incontrarci di persona e in presenza, è indispensabile domandarsi come quell’esperienza, che ci ha obbligati a prendere in considerazione gli ambienti digitali, può davvero continuare ad essere utile, tenendo anche conto che le giovani generazioni mostrano una grande tendenza ad un uso di spazi e linguaggi di comunicazione che sono fortemente influenzati dallo stile dei social network, ambiente in cui loro passano una buona parte del loro tempo. Vivono un’’immersione digitale’ che li fa entrare nel cosiddetto mondo dell’infosfera. Nel collegamento digitale, che può avvenire anche con un semplice telefono, si effettua un’interazione umana con la macchina che ci introduce nel mondo digitale, che stimola l’uso dei nostri sensi, percezioni, della nostra immaginazione, attivando le nostre emozioni. Questa immersione nel digitale ha un effetto determinante sulle nostre vite e sui rapporti sociali e culturali. Entrando in internet ci si trova dentro un universo senza limiti, che ci può dare il senso di perdita della territorialità. Fino ai nostri nonni si conosceva il proprio paese, città e ciò che si riusciva a visitare di persona, ora si può girare il mondo attraverso un cellulare collegato ad internet.
Internet consente velocità, istantaneità e interattività che impattano nel nostro cervello al quale viene consegnata una dinamica nuova, che produce un’accelerazione celebrale, che attiva il nostro sistema nervoso, coinvolgendo tutti i nostri sensi, entrando in uno specifico ambiente digitale. In questo mondo digitale, impariamo a vivere una nuova logica, che si basa molto sugli stimoli e sulle reazioni del nostro cervello che riceviamo dalle immagini, parole, suoni presenti negli ambienti digitali. È importante valutare le nostre reazioni con l’ambiente digitale, siamo chiamati a molti stimoli, reazioni e velocità, per questo siamo anche chiamati a valutare attentamente l’interazione umana con il digitale, infatti alcuni studi ci ricordano che l’automazione eccessiva può far perdere all’uomo quelle capacità di pensare, creare e riflettere in profondità. Questo non significa che non dobbiamo essere consapevoli dei benefici che vengono offerti allo sviluppo umano, ma è importante educare ad un’etica, che ci possa aiutare a vivere in senso sano e creativo, aiutando le persone, in particolare le giovani generazioni, a capire come funziona la logica digitale, approfondendo i valori e l’importanza della coscienza nelle scelte e nelle decisioni. Entrare nel discernimento, per riconoscere, interpretare e scegliere. Si è chiamati a diventare digitali discernenti onlife, si è «chiamati ad ‘aprire gli occhi’ nel flusso delle connessioni digitali su ciò che si scrive, nella foto che si posta, nel commento che si lascia, nel profilo che si attiva, perché s’impari a decifrare, riconoscere, distinguere, capire, riflettere, accettare, accogliere, scegliere, decidere, e agire con digitale intelligenza.».[2] È solo nella consapevolezza che si può educare alla libertà, al rispetto per gli altri, al rispetto per se stessi, riconoscendo la sacralità del proprio corpo, il valore delle emozioni e dei sentimenti. Viviamo ormai in un mondo in cui realtà reale e realtà digitale si intersecano e si completano a vicenda, per i giovani, in particolare, queste 2 realtà diventano una sola, dove sempre più spesso l’immaginazione parla il linguaggio multidimensionale. Internet e le reti sociali sono i luoghi dove loro studiano, effettuano ricerche, fanno amicizie, passano il loro tempo libero, inseriscono la promozione personale e professionale.
Questo ci interroga su quanto gli operatori pastorali, in particolare i catechisti ed educatori, debbano prendere in considerazione le opportunità che le tecnologie digitali possono mettere a disposizione per entrare in comunicazione proprio con le nuove generazioni, aggiornando la tradizionale metodologia catechetica e individuando approcci nuovi o rivisitando quelli più tradizionali. Partendo da ciò che ci insegna il Vangelo, si deve provare ad andare oltre una trasmissione frontale, asimmetrica, provare ad attivare dei processi onlife, dove non ci sia più differenza tra online e offline. La novità del Vangelo va raccontata in modo semplice, andando al cuore della questione, anche nel mondo digitale è importante ed indispensabile essere credibili e coerenti, un Vangelo incarnato, rende credibili e apre all’autorità. L’autorità a cui è chiesto di insegnare, di interpretare e di diffondere la fede cristiana della Chiesa Cattolica, in modo amorevole, come una mamma sta con il proprio figlio, mostrando la ‘convenienza’ di questa appartenenza, anche imparando ad arrivare a persone che hanno un alfabeto diverso dal nostro.
Si deve, altresì, considerare ed evitare il rischio di farsi prendere dalla volontà di sperimentare a tutti i costi per non sentirsi ‘vecchi’ e ‘superati’, e di credere che basta avere qualche conoscenza tecnica degli spazi digitali per poterli padroneggiare ed addirittura usarli per fini educativi. È sempre più importante una formazione ed educazione, non si può avere una visione innocente del mondo digitale, diventare consapevoli delle potenzialità di questa realtà, non dimenticandoci e conoscendo le problematiche che si possono incontrare. Si possono incontrare maggiori rischi e pertanto occorre una maggiore preparazione, che deve dare ragione della speranza che è in noi, di fronte alle domande ed obiezioni. Si devono prendere in considerazione anche due temi importanti come la privacy e la cyberscurity, temi sui quali bisogna avere un’attenzione ancora maggiore, quando si tratta di minori, educandoci ed educando alla responsabilità e spirito critico verso il mondo digitale, sapendo che stare nel digitale può modificare il nostro modo di vedere il mondo e la realtà in cui viviamo, il nostro modo di esprimere le idee e noi stessi, chiedendo una grande responsabilità, per comunicare senza dominare, relazionarsi, ma senza controllare gli altri, esprimersi senza cedere al potere mondano.
Pertanto è nostra grande responsabilità non accontentarsi di iniziative isolate o limitate alla buona volontà del singolo, ma è venuto il momento di pensare all’esigenza di un ‘progetto’ catechistico, all’interno della parrocchia, della città o addirittura della Diocesi, dove si possa lavorare insieme per creare una catechesi che non perda la sua essenza evangelizzatrice, ma che possa aprirsi alla prospettiva onlife, imparando un linguaggio adeguato alle giovani generazioni con le quali dialogare, affinché possano sentirsi accolti all’interno di una comunità ecclesiale che sappia prendere in considerazione i loro bisogni e i loro desideri, sentendosi appartenenti ad una grande famiglia.
Un esempio interessante di piattaforma per la catechesi, pensata nella prospettiva onlife è #Giovani&Catechesi, progettata e promossa nel 2018 dal COP (Centro Orientamento Pastorale) in collaborazione con la Diocesi di Sora – Cassino – Aquino – Pontecorvo, in preparazione al Sinodo del 2018, ma pensata anche con la prospettiva di incoraggiare esperienze finalizzate a un uscire nel mondo digitale e imparare ad abitarlo. È una proposta che si rivolge a parrocchie, scuole e seminari, ai quali viene offerta la possibilità, attraverso dei laboratori, di abitare il mondo digitale accogliendo, dialogando e progettando. I laboratori sono stati pensati come dei ‘luoghi’ di esercizio di discernimento, quel discernimento indicato da Papa Francesco in riconoscere, interpretare e scegliere.
Maria Teresa Olivieri
Note
[1] Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione; intervento durante la presentazione del volume curato da Fabio Bolzetta, La Chiesa nel digitale. Strumenti e proposte, Sala Marconi del Palazzo dei media vaticani, 21 giugno 2022.
[2] Ammendolia F. – Petricca R., Chiesa e Pastorale digitale, In uscita verso una società 5.0, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2023, pag. 178
Bibliografia
Ammendolia F. – Petricca R., Chiesa e Pastorale digitale, In uscita verso una società 5.0, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2023.
Bolzetta F., La Chiesa nel digitale. Strumenti e proposte, Tau Editrice, Todi 2022.
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la comunicazione nella chiesa
la comunicazione nella chiesa
cosa pensa la chiesa dei mezzi di comunicazione
in considerazione della grande importanza della comunicazione sociale, la chiesa cerca un dialogo onesto e rispettoso con i responsabili dei media, un dialogo che si rivolge in primo luogo l’elaborazione della politica che li riguarda.
il ruolo della comunicazione
la comunicazione è la condizione della sopravvivenza della società. Si comunica per rappresentare e conoscere una realtà, per creare e consolidare le relazioni umane, per risolvere i problemi, per costruire saperi e competenze, per trasmettere il senso del bello, per condividere emozioni.
l’importanza della comunicazione
comunicare in maniera corretta ed efficace è essenziale in tutti gli ambiti, tra questi l’ambito familiare, dove una comunicazione efficace e positiva è indice di un clima di benessere nella famiglia e uno strumento di risoluzione positiva dei conflitti interpersonali.
l’importanza della comunicazione nella chiesa tramite
internet
” internet è importante per molte attività e numerosi programmi ecclesiali quali l’evangelizzazione, la ri-evangelizzazione, la nuova evangelizzazione e la tradizionale opera missionaria ad gentes, la catechesi e altri tipi di educazione, notizie e informazioni, l’apologetica, governo, amministrazione e alcune forme di direzione spirituale e pastorale. sebbene la realtà virtuale del ciberspazio non possa sostituire una comunità interpersonale autentica o la realtà dei sacramenti e della liturgia o l’annuncio diretto e immediato del vangelo, può completarli, spingere le persone a vivere più pienamente la fede e arricchire la vita religiosa dei fruitori. Essa è per la chiesa anche uno strumento per comunicare con gruppi particolari come giovani e giovani adulti, anziani e persone costrette a casa, persone che vivono in aree remote, membri di altri organismi religiosi, che altrimenti non sarebbe possibile raggiungere.”
citazione
il mio pensiero
vorrei esprimere il mio pensiero riguardo a quanto ho descritto prima. La comunicazione nella chiesa più che importante direi che è essenziale, appunto per la vita che stiamo affrontando in questi ultimi tempi, di cui abbiamo assolutamente bisogno, poter annunciare la buona novella del SALVATORE del mondo, in modo da arrivare ad ogni angolo della terra.
I media diocesani hanno ancora un ruolo importante sia nella crescita della comunità cristiana, sia nel dibattito pubblico?
La funzione è sicuramente ancora importante. Le tre dimensioni non si escludono reciprocamente, sarebbe un errore. Il tema è capire come quei media che vengono da un passato di grande ascolto dentro la comunità cristiana possano riprogettarsi e ripensare la loro presenza dentro la scena attuale. In una situazione generale di crisi della carta stampata, dei media mainstream, in cui invece sembrano essere i social lo spazio vincente della comunicazione, cosa significa per i media diocesani ripensare la propria presenza? Credo che sia la grande sfida con cui confrontarsi: ripensarsi dentro la nuova scena e capire quel tipo di mezzo e di messaggio cosa abbia ancora da dire e cosa debba invece modificare per tornare ad essere significativo. È una grande sfida, che però deve essere accettata e tradotta in progettualità comunicativa e pastorale. Se non lo si fa e si rimane assestati su posizioni tradizionali, credo che sia poi difficile sopravvivere.
Evangelizzare e catechizzare attraverso i social è un modo per arrivare direttamente al cuore delle nuove generazioni?
“Sono opportunità straordinarie per una prima evangelizzazione, per trovare un modo di riavvicinare giovani e persone che non frequentano, tenendo però presente che mai potrà sostituire il contatto personale. La chiesa è comunione e questa si vive di persona”.
Papa Francesco utilizza Twitter per inviare quasi quotidianamente un messaggio ai fedeli, YouTube per inviare la sua preghiera mensile o i messaggi per alcune giornate mondiali. Questo cambiamento nel modo di comunicare quali effetti ha avuto nel rapporto tra la Chiesa e i fedeli?
“Rispondono i numeri: i messaggi di Papa Francesco sono un balsamo spirituale che raggiunge milioni di person
e ogni giorno. Mostrano come va usato il web, con lo stile proprio della Chiesa: l’amor
F. AMMENDOLIA- R. PETRICCA, Chiesa e pastorale digitale, In uscita verso una società 5.0, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2023.
Vanessa Garcia
B2219
IL DIGITALE E MULTIMEDIALE IN AMBIENTE OSPEDALIERO
1. RACCONTO PERSONALE
Sappiamo tutti che la permanenza più o meno lunga in ambiente ospedaliero è difficilmente riconducibile ad una bella e piacevole esperienza. Non molto tempo fa anch’io ho sperimentato il dispiacere di soggiornare per un lungo periodo nella stanza 402 del reparto di malattie infettive, dell’ospedale pediatrico Gesù Bambino di Roma. Il mio terzo bambino, Nicola, aveva una rara sindrome da dover curare. Ricordo, una volta entrata, di non essere più uscita da quella stanza fino al giorno delle dimissioni di mio figlio. La reclusione è stata il secondo “mostro” da dover combattere, dopo aver scoperto il problema vero e proprio. I giorni trascorrevano senza essere avvertiti e si era costretti a spostarsi da un letto a una sedia. Sullo sfondo di questa scena ho ringraziato il buon Dio dell’esistenza del digitale e del multimediale. Lo smartphone ed il televisore sono stati la mia ancora di salvezza: poter comunicare con i propri cari, condividere le proprie angosce legate al momento e uscire fuori da quella stanza anche solo virtualmente mi ha aiutato a non sprofondare nell’angoscia. Nonostante l’aiuto della tecnologia, avvertii la mancanza di un sostegno spirituale, una figura religiosa con la quale poter condividere il dolore più profondo.
Circa un anno dopo ci fu un ulteriore ricovero, ma questa volta Nicola era più grande, si trovava in quella fase dove era in grado di camminare e non capiva perché dovesse restare fermo sul letto, legato a dei macchinari. Anche in questo caso la tecnologia mi ha aiutata, i cartoni animati e le canzoncine per bambini sono stati i nostri compagni di viaggio.
2. DIGITALE E MULTIMEDIALE
Sulla base di questa personale esperienza vissuta, nasce la mia riflessione: penso ai bambini e ai ragazzi più grandi di Nicola, che dovrebbero frequentare ad esempio la scuola, il catechismo, altre attività di vario genere e credo che sia davvero un’ingiustizia non poterlo fare. Non solo, credo che il campo digitale e multimediale possa diventare (come nel mio caso), un sostegno, un punto di riferimento importantissimo. Partecipare alle videolezioni è sicuramente un supporto in più, non solo dal punto di vista didattico, ma anche per dare la possibilità di sentirsi parte integrante della propria classe. Domanda: possiamo fare altro?
3. DIGITALE E MULTIMEDIALE CON “IVO VA A SCUOLA”
Avete mai sentito parlare di “Ivo va a scuola”? E’ un progetto che nasce tra la collaborazione di Elmec informatica ed Eolo. Ha l’obbiettivo di aiutare bambini e ragazzi a frequentare le lezioni scolastiche. Consiste in un tablet che montato sopra ad un robot motorizzato viene collegato ad un pc, dal quale lo studente può non solo restare aggiornato ma ha la possibilità di assistere alle lezioni dal proprio banco di scuola. Ivo da la possibilità di spostarsi all’ interno del plesso scolastico nei momenti ricreativi, favorendo la possibilità di stare insieme ai propri compagni anche nei momenti di svago e non solo di studio. Tutto questo previene e limita il sorgere di problemi psicosociali dovuti all’isolamento obbligatorio causato dalla malattia. A questo punto riaffiora la mia domanda: possiamo fare altro?
4. “MISSIONE: ESSERE GRANDI INSIEME”
Altro grande progetto, questa volta avviato dalla Fondazione dell’Ospedale pediatrico Buzzi di Milano e IBM, chiamato “Missione: essere grandi insieme”. Ha come obbiettivo l’ accrescimento della competenza digitale e multimediale di bambini e ragazzi, dai 6 ai 13 anni. Il lavoro si svolge attraverso percorsi educativi e di intrattenimento per mezzo dei giochi. Riportiamo di seguito i nomi delle attività con le loro caratteristiche:
“Smonting”: è un’attività che si basa sul sensibilizzare e incentivare al riciclo tecnologico. La manualità è il punto forte di questa iniziativa;
“Gioca con il robottino”: Gino robottino è il protagonista di quest’attività. Aiuta i bambini ad accrescere la propria fantasia ed immaginazione;
“Favole nell’aria”: una delle più antiche attività che non passerà mai di moda è quella di condividere, raccontare e inventare favole.
“Cybersecurity”: pensata per ragazzi più grandi, ai quali bisogna far comprendere che dietro un gioco sul pc, oppure dietro un social networks, c’è sempre una persona che va rispettata;
“Creazione di chatbot”: anche quest’ultima attività è stata pensata per i ragazzi più grandi e consiste nel dar vita ad un assistente virtuale basato sull’intelligenza artificiale di IBM.
Bellissime iniziative alle quali manca sempre un qualcosa! Quindi insisto di nuovo: possiamo fare altro?
5. “EDELWEISS” QUASI 30 ANNI DI DIGITALE E MULTIMEDIALE
Altro grande progetto che a mio avviso non dovrebbe passare inosservato è quello di “Edelweiss”. Nato dalla collaborazione fra l’Istituto Tecnologie Didattiche del CNR, la scuola dell’Ospedale Pediatrico Giannina Gaslini di Genova e la Hewlett Packard Italia. Gli obiettivi di questo progetto sono essenzialmente gli stessi di cui abbiamo trattato finora. A mio avviso, l’aspetto più interessante è che l’iniziazione di questo progetto risale al lontano ’96 e vede protagonista il gemellaggio fra la scuola “G.Govi” di Genova e la scuola interna dell’Ospedale “Gaslini”. Con il trascorrere del tempo, questo progetto si è aperto anche a scuole distribuite su tutto il nostro territorio nazionale. Il servizio si basa sulla comunicazione via posta elettronica, ma non solo. Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale, quello di mettere in contatto bambini e ragazzi appartenenti a scuole diverse ma con lo stesso livello scolare. In questo modo il bambino si troverà a relazionarsi con realtà scolastiche molto diverse dalla propria.
Avviandomi verso la conclusione, mi rendo conto che ciò che manca in tutti questi progetti è proprio una ricerca interiore, l’aspetto spirituale, quello più profondo che in questi casi inevitabilmente affiora. Si ha un forte bisogno di essere accompagnati e sostenuti nella Fede. Quindi, si! Possiamo fare altro! Una pastorale digitale che doni “una sorta di respiro” a tutte quelle persone che ne sentono il bisogno.
F. AMMENDOLIA – R.PETRICCA, Chiesa e Pastorale digitale, In uscita verso una società 5.0, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2023.
La GMG a Lisbona 2023 un’esperienza unica, incancellabile e non scordabile
La Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) di poco conclusa a Lisbona è stata un’ispirazione di tanti giovani di tutto il mondo. In questo semplice e umile articolo, si cerca di fare una sintesi dei momenti, ispirazioni, condivisioni e percorsi vissuti durante quest’evento storico.
Tantissime persone riunite per lo stesso motivo, fare e vedere gesti di fratellanza, sentire i discorsi del Papa, momenti di preghiera, l’organizzazione stupende del popolo Portuguese. Tutto meraviglioso. Di ciò si poteva immaginare, però non di questa grandezza.
Si noterà che l’esperienza dell GMG sarà espressa non solo dalle parole, ovvero con questi testi scritti ma anche dalle immagini, dai link che portano ad alcuni messaggi originali. Infatti non avrei le parole giuste per esprimere tutto ciò che ho personalmente vissuto, visto che ci sono stato anche Io. l’ho vissuto da vivo, un esperienza unica, incancellabile e non da scordare.
Il Pellegrino Italiano alla GMG
Il servizio nazionale per la pastorale giovanile della Conferenza Episcopale Italiana ha messo a disponibilità dei pellegrini italiani un libretto che doveva dare dei input ossia un itinerario da guidare il giovane Italiano in questa GMG.
Il libretto è stato utile perché non aveva solo indicazioni del percorso da seguire durante le catechesi. Ma anche, pensieri da riflettere, canzoni basati su temi che ispirano. Infatti contiene orientazione che attira a esplorare la città di Lisbona e cetra.
Ad esempio il libretto con lo scritto Lisbona2023 Explora! Porta queste citazioni tra tante altre:
I giovani sanno abbastanza per essere prudenti, e quindi tentano l’impossibile e lo ottengono, generazione dopo generazione. Pearl S Buck
Il senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo. Pablo Picasso
Predicate il vangelo, e se è proprio necessario usate anche le parole. Francesco d’Assisi
Messaggi toccati del Santo Padre
I messaggi di Papa Francesco erano chiari, corti e precisi. Il Pontefice che ha continuato e richiamare che la Chiesa dovrebbe essere inclusiva e aperta al dialogo col mondo attuale ha colpito i cuori di tutti nei suoi messaggi e discorsi. Si riportano queste tre frasi che sono state molto sottolineate durante diversi momenti.
Nel discorso della apertura Il Papa ha parlato a migliaia di giovani radunati per una sola causa. In tutta onestà, si sono messo in risalto questi tre messaggi:
<Siano giorni in cui il tuo nome, il tuo nome, il tuo nome, il tuo nome attraverso fratelli e sorelle di tante lingue e nazioni – vediamo tante bandiere – che lo pronunciano con amicizia, risuoni come una notizia unica nella storia, perché unico è il palpito di Dio per te. Siano giorni in cui fissare nel cuore che siamo amati così come siamo, non come vorremmo essere: come siamo adesso. Questo è il punto di partenza della GMG, ma soprattutto della vita>[1].
La Chiesa non è «la comunità dei migliori» ma «la Madre di tutti»: un approdo fraterno e accogliente per ciascuno, dove vige la logica delle «braccia aperte» e non del «dito puntato», perché tutti — giovani e vecchi, sani e malati, giusti e peccatori — sono importanti e nessuno è «inutile» o «superfluo»[2].
Durante la veglia il Papa ha concluso il suo discorso invitando i giovani che nella vita bisogna allenarsi a camminare sapendo che si può cadere ma ciò che è importante è rialzarsi. Che niente è gratis se non l’amore di Cristo. Ecco!
<Vi lascio questi spunti. Camminare e, se si cade, rialzarsi; camminare con una meta; allenarsi tutti i giorni nella vita. Nella vita, nulla è gratis, tutto si paga. Solo una cosa è gratis: l’amore di Gesù! Quindi, con questo gratis che abbiamo – l’amore di Gesù – e con la voglia di camminare, camminiamo nella speranza, guardiamo alle nostre radici e andiamo avanti, senza paura. Non abbiate paura. Grazie! Ciao!>[3]
La Via crucis; testi e riflessioni commoventi
Questo incontro di preghiera animato visivamente dai giovani ha toccato i cuori. Qualche giovane si è commosso fino al pianto, ha pregato tramite le proprie lacrime. Mettendosi in sintonia e riflessione con l’invito di questa preghiera e percorso di salvezza.
Il messaggio centrale della via crucis era basato sul testo di Luca 1, 39; <Maria si alzò e si mise in cammino. Gesù imparò da sua Madre: mentre portava la Croce, Gesù dovette alzarsi e rimettersi in cammino. Signore, insegna a noi giovani ad alzarci e andare avanti. Anche quando la vita è difficile>[4].
Ce l’abbiamo fatta! I giovani di San Giulio a Lisbona e a Tomar
La comunità parrocchiale tramite il Parroco, Padre Giovanni ha dato una possibilità a un ventina di giovani i quali hanno partecipato alla GMG. Siamo partiti da Rome il 31/07/2023 e rientrati l’8/08/2023. Oltre a questo, siamo stati accolti a Tomar dove passavamo la notte e i momenti di catechesi.
Si parla di un gruppo che ha camminato insieme con lo stesso obiettivo di vivere l’esperienza della GMG con gioia, condivisione, ascolto, pazienza e amicizia, preghiera e comunione.
Durante le nostre condivisioni si è parlato della fratellanza dei popoli riuniti per la GMG. La Preghiera della via crucis era una preghiera extra ordinaria che ha colpito tutti di noi.
Chiara non scorderà la frase che il Papa ha ribadito cioè <L’unica cosa che si può fare a una persona a farlo alzarsi, prenderlo per mano>. La giovane dice che porterà sempre questo messaggio nel proprio cuore.
Arianna una delle responsabili del nostro gruppo ha accennato che attraverso la potenza dello spirito Santo siamo riusciti a passare tra tanti disagi. Ad esempio la paura di partire per una nuova esperienza, affrontare le camminate, fare lunghe file, stare sotto il sole e cetra.
Lei ha detto durante una dei nostri momenti di condivisione e di preghiera che gli ha toccato il gesto di un brasiliano che a lei ha regalato un rosario. Arianna dice che questo è stato un gesto ricordabile e lo porterà sempre con sé. Ha richiamato che conviene riportare l’entusiasmo del GMG a casa, nella parrocchia e che durante la messa ci sia questo entusiasmo.
In modo analogo, Valerio ha ricordato tanto i momenti di preghiera che abbiamo esercitato, <momenti di Dio tra noi>, quanto come ci siamo comportati! Alla grande! La volontà con cui la gente si è prestata, la volontà, la decisione, la convinzione di fare esperienza e vivere i momenti, tutto incredibile. Le folle, ascoltare, faticare fisicamente anche psicologicamente però la gente ci stava.
In altre parole, abbiamo vissuto segni che parlano senza parola. Soprattutto quando fatti insieme, quando vissuti assieme, hanno fatto la differenza. Dunque, questo è stato il dono e desiderio del nostro gruppo! ecco essere riuniti – fare amicizia.
Ancora di più, Laura e Flavio ad esempio hanno ringraziato lo sforzo del gruppo dicendo;
<Prima di tutto grazie!! Questa esperienza é stata fantastica perché abbiamo fatto un cammino insieme con il Signore ma a volte si faticava ma con il sorriso si andava avanti e ci si sopportava avvicenda> Laura
<Vi ringrazio anche io per questa bellissima esperienza: è stata utile per aumentare il mio spirito di iniziativa e di avventura, caratteristiche che da sempre sto cercando di sviluppare>. Flavio
È necessario ricordare che Dio vuole arrivare a qualcuno attraverso di noi, attraverso di me e te. Maria lo fece andando incontro la sua cugina Elisabetta [5] «Si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39).
Si può dire che il messaggio centrale da portare dalla GMG è motivato dalle parole che hanno radici dai discorsi del Pontefice. Brillare non solo se stessi ma essere luce per gli altri. Aiutare gli altri a trovare la loro luce rimane più importante. Il verbo ascoltare al quale ci richiama il sinodo attuale e non avere paura [6]. Queste sono parole da mettere al cuore in modo che siano fecondi e facciano frutti.
Infine
I discorsi del Papa hanno mostrato un grande sforzo della chiesa che cerca sempre di vicinarsi alla vita dei giovani, un invito di dialogo tra vecchi-giovani, i nonni con i nipoti. Una ispirazione alla fecondità dei giovani. Il popolo gortuguese che con piccoli gesti di accoglienza, di saluti, sorriso e abbraccio ha altrettanto colpito tutti.
Sottolineiamo che si parlava intorno da 800.000 a 1.500.000 di giovani (fonte dell’ansa.it e dell’avvenire.it ). D’altra parte il Santo Padre anche lui ha commentato durante il suo volo di rientro in Italia che “quella di Lisbona è la Giornata mondiale migliore tra quelle che ho visto”. “I giovani una sorpresa”… I dati concreti, veri, dicevano che erano più di un milione. Di più.> [7]
Sarà sempre ricordato che la GMG di Lisbona 2023 ha revivificato lo spirito di andare avanti. I momenti di preghiere, i discorsi, l’amicizia e l’entusiasmo che ha tirato fuori intuizioni e motivazioni di vita. Che non era solo di giovani ma anche di famiglia, e di più piccoli. Sarebbe stato aperto a tutti in paragone con altre GMG secondo coloro che hanno già fatto la medesima esperienza degli anni precedenti.
Come punto finale, si riporta che Il libretto del servizio nazionale per la pastorale giovanile Italiana al ritorno della GMG ha invitato il pellegrino con questa raccomandazione. <Non aver fretta di tirare le somme, la semina ha bisogno di tempo affinché il seme buono porti frutto. Raccogli parole e immagini di ciò che hai esplorato e preparati a farne memoria Vitale> [8].
Una sveglia nella mattinata della domenica dopo la veglia della GMG. Dj Set di musica electronica di Padre Guilherme Peixoto. Ha vivificato i giovani dopo una notte sui secchi a pelo!
Le foto di Cristiana Gennari, Ansa, Bruno Seabra, Ap photo utilizzate sono prese da internet per utilizzo senza lucro
Il Metaverso: la realtà virtuale interpella approfondimenti di Privacy e Security
Storia del metaverso
Il termine “metaverso” compare per la prima volta nel romanzo di fantascienza di Neal Stephenson Snow Crash del 1992 come combinazione dei termini “meta“( il termine “meta” nasce e prende il suo significato attuale dalla “Metafisica” di Aristotele, che tratta, circa 2.500 anni orsono, di ciò che viene dopo e oltre la fisica) e “verso” (come universo). Si può affermare che i primi scritti sui mondi virtuali hanno ispirato la nascita delle prime forme di realtà virtuale e hanno costituito le basi per lo sviluppo del concetto di metaverso. Con l’avvento della realtà virtuale, della realtà aumentata e dell’intelligenza artificiale, la visione del metaverso è diventata sempre più una realtà tangibile. Oggi, molte aziende stanno lavorando su progetti di metaverso, e la comunità dei mondi virtuali sta crescendo rapidamente, con una crescente quantità di investimenti e di interesse da parte del pubblico.
Il metaverso è un concetto che descrive uno spazio virtuale “immersivo” che potrebbe replicare la realtà, e permette agli utenti di interagire e creare in modo simile a come avverrebbe nella vita reale. Il metaverso è accessibile tramite dispositivi elettronici, come PC, smartphone o visori di realtà virtuale, e consente agli utenti di navigare, comunicare e interagire in un ambiente virtuale che può essere personalizzato e controllato dall’utente.
Esso rappresenta una nuova frontiera per la tecnologia e la società, e può avere implicazioni significative per la privacy, la sicurezza e l’identità personale degli utenti. La privacy è un problema complesso e in evoluzione, rischi per la privacy infatti includono la raccolta e l’utilizzo dei dati personali degli utenti da parte delle aziende che gestiscono queste realtà virtuali, la possibilità di sorveglianza da parte di altri utenti o di terze parti e la difficoltà nel controllare la diffusione delle informazioni personali all’interno di questi universi virtuali. Il metaverso può anche essere inteso come un’evoluzione di internet, ma non la sostituzione, come non è la sostituzione della vita reale anche se la sua struttura è basata sulla struttura spazio-temporale come la realtà. Tramite una creazione di un Avatar si ha la possibilità di poter essere “qualcun altro” o “qualcos’altro”. Il problema più grande per ora è: come evolverà questa tecnologia?
Privacy nel metaverso
Per proteggere la privacy nei metaversi, è importante che gli utenti siano consapevoli dei rischi e delle opzioni di controllo dei dati disponibili. Inoltre, è necessario che i gestori di questa tecnologia implementino politiche rigorose sulla privacy e sul controllo dei dati, che siano trasparenti su come vengono utilizzati i dati degli utenti e che offrano opzioni di sicurezza robuste per proteggere la privacy degli utenti.
Inoltre, il metaverso può rappresentare una opportunità per la globalizzazione poiché consente agli utenti di interagire in modo nuovo con persone di tutto il mondo.
Dobbiamo infatti considerare ancor più interconnessione tra utenti e aziende, tra i diversi metaversi esistenti e le tipologie di esperienza, con ciò generandosi un flusso di dati personali di portata inimmaginabile, che non si limita a ciò che sono gli utenti, ma anche a quello che vorrebbero essere, a quello che desiderano, a quello che sognano. Facebook, così come le altre realtà che si stanno muovendo in questa direzione, potrebbero avere accesso così a un numero ancora più ampio di dati personali, creando dei veri e propri monopoli di potere.
E come ha affermato Antonello Soro di tutta la realtà digitale ex Presidente dell’Autorità Garante per la privacy:
“L’acquisizione di una società leader nel campo delle tecnologie indossabili da parte di Google va nella direzione della sempre più spinta concentrazione nell’economia digitale”, commenta Soro: “Una direzione opposta a quella tra l’altro indicata anche dalla risoluzione del Parlamento europeo del 2017 contraria a questi processi. Il controllo di un così grande patrimonio informativo produce – come nel caso degli altri giganti del web – un potere abnorme nella disponibilità di pochi soggetti privati che incide negativamente sulla tenuta delle democrazie nel pianeta”.
“La profilazione effettuata dalle piattaforme virtuali attraverso l’acquisizione dei dati personali e di quelli comportamentali desunti attraverso le scelte operate dall’individuocensito può rappresentare – ancor più pericolosamente nel metaverso – uno strumento di rating delle preferenze personali ed esistenziali dell’alter ego reale affievolendo il principio di autodeterminazione informata e determinando una inammissibile “patrimonializzazione” dei diritti della personalità.”
Per esempio gli occhiali intelligenti di Facebook, che oltretutto sono sempre connessi a smartphone cioè alla rete, sono uno strumento che toglie quasi del tutto la privacy in quanto basta con un piccolo gesto fare foto o registrare video; chi li indossa ha la possibilità, senza il consenso delle persone, pubblicare in rete dati e immagini.
Anche con gli orologi smart tutto questo è possibile, inoltre quest’ultimi analizzano dati anche personali come il nostro stato di salute, le abitudini e soprattutto la nostra posizione attraverso il GPS.
Quindi dobbiamo stare molto attenti e aver piena consapevolezza ai rischi della condivisione dei dati online.
Lo sviluppo di moderne tecnologie e di nuovi servizi di comunicazione elettronica rendono, quindi, necessario un ulteriore adeguamento della normativa sulla protezione dei dati personali in ambito italiano ed anche internazionale. Tale aspetto, del resto, è stato preso in considerazione nell’emanando Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali.
L’UE ha già fatto proposte di regolamenti:
Proposta di Regolamento EU 112/2018 che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online;
Proposta Regolamento 850/2020 relativo a un mercato unico dei servizi digitali; Proposta di Regolamento 842/2020 relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale;
Proposta di Regolamento 106/2020 relativo a regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (AI).
La strada per arrivare a un concetto di regole è ancora molto lunga in quanto questa realtà virtuale chiamata metaverso è in fase di sviluppo e quindi muta di anno in anno.
L’evoluzione tecnologica è un argomento molto discusso in ambito anche filosofico, perché risiede in essa paura dell’ignoto, alcuni pensano che con il passare del tempo non ci sia più privacy e addirittura le grandi aziende, tramite appunto a questa evoluzione sempre più incalzante, riescano a manipolare le scelte delle persone in qualsiasi ambito; Altre individui invece pensano che la nostra evoluzione sia proprio la tecnologia intesa come un’estensione delle capacità umane e serve per migliorare la qualità della vita.
In conclusione, la privacy è una preoccupazione critica nel metaverso, è importante che le aziende e i governi rispettino la privacy degli utenti e che forniscano garanzie appropriate sulla raccolta, l’utilizzo e la divulgazione dei dati.
Alessandra Tarantino
ESSERE FORTE
Quando la vita ti mette alla prova, dove puoi trovare la forza che ti permettere di resistere?
Oggi voglio condividere con voi alcuni segreti per avere una vita forte, li chiamo segreti perché molte persone non sanno come fare per ritrovare la forza interiore.
Ci sono alcuni uomini che hanno un corpo forte, ma in realtà sono persone deboli, e ci sono persone apparentemente deboli che invece sono forti.
Ora, tutti noi sappiamo distinguere un corpo forte, muscoloso, atletico da uno debole, ma cos’è che rende una persona forte?
A volte le cose non sono come sembrano. Vi racconto una storia che mi piace moltissimo e il cui significato non è così ovvio come potrebbe sembrare, un fatto accaduto 3000 anni fa, quando il regno di Israele era ancora in stato embrionale, in una regione chiamata Shàfala e chi conosce quelle terre sa che è una regione bellissima dove si alternano valli, boschi e colline.
Però questa era anche una postazione strategica, dove gli eserciti trovavano il passaggio per invadere i villaggi confinanti.
E questo è proprio quello che è accaduto 3000 anni fa, quando l’esercito dei filistei si dispose in battaglia
contro l’esercito di Israele.
I filistei si appostano su un monte che si trova a sud, mentre l’esercito di Israele si era appostato sul monte a nord, proprio di fronte al nemico. A separare i due eserciti c’era come una vallata, per cui, anche se i due eserciti erano vicini si trovano in una condizione di stallo.
Per avvicinarsi era necessario scendere nella valle, ma nessuno voleva scendere, perché nel momento in cui scendi diventi vulnerabile, e allora si fermarono per settimane, uno di fronte all’altro.
Finché i filistei mandarono il loro sodato più grande, il più forte, in fondo alla valle, e una volta arrivato nella valle costui gridò agli israeliti, adesso mandate voi il vostro soldato più forte qui a combattere contro di me, e chi vince tra di noi vince la battaglia.
Però il soldato mandato dai filistei era un gigante, alto 3 metri e indossava una armatura di bronzo luccicante che pesava 40 chili, che lo copriva dalla testa ai piedi, e aveva in mano un grande giavellotto, la spada nel fodero ed uno scudo per proteggersi, insomma, era terrificante.
Nessuno degli israeliti voleva combatterlo, sarebbe stata una missione suicida.
Ed è in quel momento che si fa avanti un giovane pastore, è un ragazzino gracile e parla direttamente al re Saul e gli chiede di poter affrontare il gigante: ci vado io.
Ma il re cerca di riportarlo alla ragione di fargli capire che non ha nessuna possibilità: non vedi che tu sei piccolino, quello è un gigante.
E il ragazzino insiste: no, no, voi non capite, io ho sempre difeso il mio gregge dai lupi e dai leoni, io posso farcela.
A questo punto, visto che non c’era nessun altro che si faceva avanti permettono a questo giovane di andare a combattere, e gli portano una corazza: non puoi andare a combattere così!
Ma il giovane pastore non la vuole assolutamente e va così com’è, senza corazza, ad affrontare il gigante.
Mentre il giovane scende nella vallata attraversa un torrente e si china e raccoglie 5 sassi belli lisci e li mette nella bisaccia, si avvicina ancora un poco, ancora un poco ma si ferma a distanza, dalla bisaccia estrae un sasso e una fionda.
Carica il sasso nella fionda e fa roteare, non era una fionda come quelle moderne fatte con un elastico, era una lunga striscia di pelle che attraverso l’effetto della forza centrifuga dava al sasso una velocità fortissima, ed è così, con forza e precisione, il ragazzino scaglia il suo primo sasso, e colpisce subito il gigante proprio in mezzo agli occhi, e lo fa cadere a terra, e mentre il gigante è a terra tramortito il pastorello corre verso di lui, gli estrae la spada dal fodero e gli taglia la testa.
Il ragazzino salta sopra il gigante e mostra ai nemici la testa tagliata e nel vedere questo l’esercito nemico fu preso da paura e i soldati scapparono. La battaglia era stata vinta.
Così il giovane pastorello ha vinto contro il gigante terrificante e questa è naturalmente la storia di Davide e Golia. Davide è il ragazzino esile che vince contro Golia, il gigante.
Qual è la morale di questa storia? Che a volte chi è debole vince contro chi è più forte di lui?
No, non è così, Davide ha vinto perché, contro ogni apparenza, in realtà era lui il più forte, ha vinto perché è quello che noi siamo interiormente, è quello che fa la differenza.
Ci sono persone che sembrano forti, e che pensano di essere forti, ma quando arriva una difficoltà crollano. Quando arriva la malattia, un tradimento, un fallimento, un lutto, il dolore, quando la vita si scontra con la dura realtà della sofferenza le persone che hanno costruito la loro interiorità su solide fondamenta resistono, superano la prova.
Ma cosa accade quando una tempesta si abbatte sulla nostra vita e siamo interiormente deboli?
E le prove prima o poi arrivano per tutti, e noi come reagiamo alle difficoltà?
E noi da cosa possiamo capire se siamo forti o deboli? Non dalle apparenze, che ingannano, ma da come siamo capaci di resistere alle prove della vita.
E se abbiamo voglia di aprire i nostri occhi alla realtà che ci circonda, facciamo presto ad accorgerci che il modello di forza che il mondo propone è il modello del gigante Golia.
I nostri giovani sono incoraggiati a diventare come il gigante Golia. E dietro la corazza della ricchezza, della violenza, del successo, della bellezza, si nascondono persone estremamente fragili, vulnerabili.
E allora cerchiamo di capire insieme cosa significa essere forti. Come possiamo diventare forti e come possiamo aiutare le persone a cui vogliamo bene a diventare forti, per affrontare il dolore, le tentazioni, e tutte le prove che la vita ci mette davanti.
Noi possiamo anche chiederci, magari in un momento di preghiera davanti al Signore, in che cosa sono debole?
Sono debole nella relazione con gli altri? Sono debole nel dominio di me stesso?
Eh eh… questa cosa non ho bisogno di chiedertela Signore, perché già conosco la risposta…
E cerchiamo di capire in cosa siamo deboli. Forse puoi pensare che tanto non hai bisogno di farlo. E forse hai ragione, non è necessario farlo, ma se conosci le tue debolezze sei saggio. Perché il primo anello a rompersi di una catena è sempre quello più debole.
Dobbiamo imparare a rinforzare i nostri punti deboli prima che la prova arrivi e ci trovi impreparati.
Molte persone sono convinte di essere forti, ma quando arrivano le prove si rifugiano negli alcolici, la droga, relazioni tossiche e più si aggrappano a cose inconsistenti per tirarsi su e più si ritrovano in basso, cadono nell’immoralità, nella tristezza, nella disperazione.
Se ci presentiamo così, a mani nude davanti a Golia, non riusciremo mai a vincere il combattimento.
Ma se riusciamo a non farci travolgere dal gigante, se riusciamo a mantenere le distanze, e abbiamo nella nostra bisaccia la fionda e cinque sassi belli levigati, allora abbiamo buone possibilità di vincere.
E tutto quello che voglio comunicare in questo messaggio, è semplicemente questo: descrivi quali sono i principali punti di forza su cui dobbiamo lavorare per essere persone robuste, vigorose.
Sappiamo cos’è una vita debole, una personalità fragile, ma cerchiamo di capire cosa rende una persona forte.
Anche come genitori, o come educatori, dovremmo sempre tenere a mente questi punti, per non finire come molti fanno, che danno ai loro bambini tutte le ricchezze che hanno accumulato e danno l’istruzione per trovare un buon posto di lavoro, ma non trasmettono la forza interiore che permette loro di superare i grandi ostacoli che la vita metterà loro
davanti.
Anche noi, come Davide, prima di affrontare il gigante, procuriamoci una fionda e cinque sassi.
Vediamo cos’è la fionda. La fionda è la fede in Gesù Cristo nostro Signore. La fede è il principio di tutto, e senza quella non andiamo da nessuna parte.
Ma sulla fede sono state dette fin troppe cose tanto che qualcuno non ha più ben chiaro cosa sia la fede, qual è il cuore della fede?
La fede è credere che Gesù Cristo è il nostro salvatore. Si proprio così, come sta scritto ben chiaro nella Bibbia: Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.
Prima o poi tutti noi ci troviamo ad attraversare momenti di buio, di paura, di smarrimento, ci viene a mancare la terra sotto ai piedi e sembra che in tutto l’universo non ci sia più nemmeno un punto stabile a cui aggrapparsi.
In quel momento ritorniamo al cardine della nostra fede. È un po’ come quando Golia, il gigante si presenta in mezzo al campo di battaglia e sembra che tutto sia perduto, non ci sia nessuno alla sua altezza, non c’è speranza.
Ma Davide si alza, si fa avanti e combatte contro di lui. È nella fede che troviamo il coraggio per affrontare qualsiasi sfida.
Coltiviamo una relazione personale con Gesù Cristo e impariamo a fidarci di lui, riconosciamo che lui è il Signore e con il cuore crediamo che Dio lo ha risuscitato dai morti e saremo salvi.
Ricordiamoci che noi abbiamo affidato la nostra vita a lui e anche se è passato tanto tempo da quell’affidamento, anche se abbiamo fatto molti errori, lui però sarà sempre fedele e ci salverà.
E ora guardiamo quali sono i cinque sassi da avere sempre nella bisaccia, pronti per vincere ogni combattimento.
Il primo sasso è essere guidati dallo Spirito Santo, che in questo caso vorrei chiamare lo Spirito di amore, perché Dio è amore.
La battaglia la si può vincere solo quando siamo guidati dallo spirito d’amore, perché la vittoria è l’amore.
La nostra vittoria, la nostra forza, non si esprime nella distruzione dell’avversario, o nella guarigione da una malattia, o nel far trionfare la giustizia, infatti potremmo fallire in tutto questo, naturalmente spero di no, ma non è detto che tutte le cose vadano a finire bene. Però nello Spirito d’amore troviamo la forza per affrontare anche le notti più buie.
Così Gesù ha vito la sua sfida conto le forze del male, non scendendo dalla croce, ma affidandosi fino all’ultimo respiro alla volontà del Padre.
Stiamo bene attenti a non lasciarci ingannare dallo spirito di odio, di vendetta, di egoismo, perché non è questa la forza che vogliamo avere, non è questo l’obiettivo che vogliamo conquistare, anzi, questa sarebbe la sconfitta.
Invitiamo lo Spirito Santo dentro di noi, diciamo al Signore tu sei la mia forza, io confido in te, in questo modo noi invitiamo lo Spirito a vivere dentro di noi.
E con lo Spirito Santo noi possiamo portare a termine qualsiasi compito Dio ci abbia affidato, mentre senza di lui non possiamo fare proprio nulla.
Ogni mattina invochiamo la sua presenza, e diciamo: con il tuo aiuto cercherò di fare tutto il possibile per trarre il meglio anche da questa situazione che sto vivendo, cercherò di rendere questa giornata più significativa e più ricca che posso. Perché risvegliare lo Spirito di amore significa cercare di dare il meglio di noi stessi, anche nelle situazioni avverse.
Il secondo sasso da avere con noi è la preghiera.
Dedica una parte del tuo tempo per stare da solo e parlare con Dio.
Ci sono alcune situazioni nella vita in cui sembra che non ci sia nessuna speranza, nessuna possibilità di uscirne vincitori, l’unica cosa che ci rimane in quel momento è la preghiera.
Conosco un frate che una volta è stato fermato all’aeroporto per essere perquisito, e le guardie di frontiera gli hanno domandato se avesse qualche arma con sé, e lui ha risposto di si, e dalle tasche ha tirato fuori il rosario.
La preghiera è un punto di forza eccezionale perché nutre la nostra speranza, ascoltate, la preghiera è il punto di contatto che abbiamo con Dio, è la possibilità di esprimere quello che abbiamo nel cuore, è l’affidamento delle nostre difficoltà a colui che può ogni cosa, è l’accoglienza della volontà del Padre che conosce le ragioni profonde di ogni cosa che accade.
La preghiera è guarigione dalle ferite del peccato mediante il perdono. Una persona che prega è una persona forte, una persona che prega è invincibile. E se vogliamo aiutare un bambino a diventare una persona forte, insegniamogli a pregare, a partire dal nostro esempio.
Il terzo sasso è l’ascolto della parola di Dio. Ascoltare e praticare la Parola di Dio.
Come dice il salmo 143: Benedetto il Signore, mia roccia, che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia, mio alleato e mia fortezza, mio rifugio e mio liberatore, mio scudo in cui confido. Ascoltiamo la Parola di Dio, perché attraverso la sua parola Dio ci istruisce, ci guida, ci protegge.
E il vertice della rivelazione di Dio noi la troviamo in Gesù Cristo, nel Vangelo. Se non sappiamo da dove partire per leggere la Bibbia, partiamo da Gesù Cristo, dalla sua vita, dai suoi insegnamenti.
Ogni giorno cerchiamo nel Vangelo la chiave di lettura della nostra vita, troviamo la risposta alle nostre domande, troviamo un consiglio valido per sciogliere le incertezze.
Ascoltare la Parola di Dio mettendo in pratica quello che ci viene proposto, è una disciplina per la nostra vita, ed anche più di una disciplina, perché con il tempo diventa la nostra stessa natura.
La Parola di Dio plasma il nostro modo di pensare e ci permette di affrontare i problemi avendo uno sguardo distaccato, uno sguardo dall’alto, uno sguardo illuminato dalla sapienza di Dio.
E a volte basta che nel momento della prova ti torni in mente una parola del Vangelo e quella semplice parola ti permette di superare la notte più buia.
Conosci la Parola di Dio per capire ciò a cui Dio ti sta chiamando, perché Dio ci chiama in ogni giorno della nostra vita per portare frutti in ogni stagione.
E anche se fossi in un letto di ospedale, immobilizzato, anche allora posso pregare, posso scambiare una parola con un dottore, con un infermiere, posso consacrare la mia giornata a Dio.
San Giovanni ha scritto il libro dell’Apocalisse mentre era prigioniero sull’Isola di Patmos, anche alcune lettere di San Paolo sono state scritte durante la sua prigionia.
La parola di Dio spesso è nata in tempi di prova, e anche per questo ci aiuta, ha tutta la forza per superare le prove.
Il quarto sasso è l’umiltà, conosci la tua forza e anche la tua debolezza.
Conosci le tue debolezze, e impara a trarre il meglio anche da esse.
E potrebbe sembrare strana questa affermazione: Cosa significa trarre il meglio dalle debolezze?
Per tornare al racconto del combattimento tra Davide e Golia, possiamo osservare che Davide è gracile, non è molto forte, ma questo lo rende più agile e veloce del gigante. Davide saggiamente decide di non indossare una armatura per difendersi, perché è consapevole che il peso dell’armatura per lui sarebbe più un ostacolo che un vantaggio.
Davide è un ragazzino gracile, questa è la sua debolezza, ma è anche la sua forza.
Così tutti noi dobbiamo saper riconoscere i nostri punti deboli, e dovremmo anche sapere che non sempre ci conviene e usare le nostre energie per cambiare ciò che siamo.
Se la vita ci ha messo in ginocchio, perché abbiamo perso la salute, abbiamo perso il lavoro, abbiamo perso una persona amata e forse abbiamo perso anche la stima in noi stessi, ricordiamoci le parole di san Paolo: Quando sono debole è allora che sono forte.
E Paolo può dire questo perché mentre chiede a Dio di essere liberato da una un nemico che lo perseguita, Dio gi dice: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”.
Il desiderio di cambiare, la speranza di migliorare non deve essere come una armatura pesante che ci rallenta, ma una forza che ci trascina in avanti.
Essere umili ci aiuta ad essere prudenti, e la consapevolezza della nostra debolezza è già di per sé una corazza.
Ma se tu pensi: io non temo nulla e non c’è niente che potrà mandarmi in crisi, tu stai già esponendoti agli attacchi del nemico.
Allora non dimentichiamo mai il terzo sasso dell’umiltà, che ci aiuta in molti modi:
possiamo difendere i nostri punti deboli, possiamo lasciare spazio alla grazia di Dio che opera in noi e infine accenno solo anche alla disponibilità a lasciarsi aiutare da qualcun altro, da un amico per esempio o da qualcuno di cui si ha fiducia.
Il quinto sasso è conosci il tuo nemico. Come ci è stato insegnato fin dall’antichità sull’arte della guerra: se conosci il nemico e te stesso la vittoria è sicura.
E noi lo sappiamo contro chi stiamo combattendo? Chi è il nostro nemico? Il nemico è il diavolo, si, ma non solo, a volte la nostra vita viene minacciata anche da altre cose, per esempio potrebbe essere minacciata da un incidente stradale, o da una tentazione, o da un vizio che abbiamo acquisito da molti anni.
Si, a volte, e spesso, siamo noi, i peggiori nemici di noi stessi con le nostre scelte sbagliate.
Conosci il nemico, se vuoi vincere un vizio impara a conoscerlo, scopri come è nato, come mai si è radicato nella tua vita e come mai fino ad ora non sei riuscito a vincerlo. Quali sono i danni che è già riuscito ad infliggerti? E cerca anche di capire dove ti sta trascinando il tuo nemico, qual è il termine ultimo a cui il tuo nemico sta cercando di condurti.
Conosci i suoi fini e conosci le sue armi. Perché ti spaventa, in che modo ti ricatta, cosa ti offre per corromperti? A volte il male si presenta come un gigante ben corazzato, invincibile, ma proprio perché Davide conosceva il suo nemico, ha capito che non avrebbe potuto vincere con un combattimento corpo a corpo e una volta individuato il punto debole ha scagliato la sua pietra nell’unica feritoia della corazza, proprio in mezzo agli occhi, e infine lo ha
ucciso con le sue stesse armi.
E questo ci porta alla conclusione e come ultima cosa, per vincere serve la fionda e servono i sassi, ma ci vuole anche una buona mira, la mira è la verità.
La verità è la capacità di colpire nel segno, è la capacità di distinguere in modo nitido il bene dal male e far convergere tutte le nostre energie nella direzione giusta.
Quando noi ci inganniamo su noi stessi, sul mondo e su Dio, anche se
abbiamo a nostra disposizione i più grandi talenti finiremmo per sprecarli in cose da
nulla.
A volte non vogliamo vedere la verità, perché la verità ci spaventa, ma ricordiamoci
che il prezzo da pagare per vivere nella falsità è sempre più alto rispetto al prezzo della
verità, la verità è sempre la cosa più conveniente.
Pensa con verità, parla con
verità, e nutriti di verità, e allora capirai cosa veramente giova al bene della tua vita
e cosa è nocivo.
Non mi resta che augurarti una buona battaglia
spirituale, la forza sia con tè.
Dio ti benedica perché tu possa vincere la sfida, le sfide che la vita ti metterà davanti!
(Tratto dalle meditazioni di Fra Stefano)
Angela Taglialatela
Padre Giovanni Cerri; Inizio del Ministero-Parroco a San Giulio Roma
Il giorno 02 Ottobre 2022 Padre Giovanni Cerri ha iniziato il suo ministero Pastorale come nuovo parroco della Parrocchia di San Giulio a Roma. Padre Giovanni fa Parte dei Missionari di Maria.
La celebrazione Eucaristica presieduta da SE Mons. Baldassare Reina (Vescovo Ausiliare di Roma Ovest), ha avuto inizio con una processione solenne preceduta dalla seguente Monizione introduttiva.
Monizione introduttiva
Oggi con questa solenne celebrazione la nostra comunità parrocchiale di San Giulio, riunita nel giorno del Signore, vive un momento di particolare gioia e solennità, per l’insediamento del suo nuovo parroco.
Accogliamo Sua Eccellenza Mons. Baldassare Reina, ausiliare del nostro settore, attraverso il quale il nostro Vescovo il Papa Francesco affida a questa comunità di fedeli padre Giovanni, che con fede e servizio viene a pascolare questo gregge.
La nostra parrocchia, figlia dell’unica Chiesa, vuole porgere a entrambi il benvenuto attraverso tutti i suoi membri. Questa celebrazione è un grande inno di lode e ringraziamento al Signore per il dono di un pastore, in cui Cristo vive ed opera ancora in mezzo a noi.
Dopo di che Padre Raffaele ha letto il decreto della nomina di Padre Giovanni come nuovo Parroco. Si nota che il nuovo parroco è stato nominato a questo servizio dal Giugno di questo anno 2022.
Nella Sua Omelia, la Sua Eccellenza Mons. Baldassare Reina ha accennato che il grande e principale compito del Parroco è quello di far crescere la fede dei fedeli. Che non è tanto compito di organizzare eventi di varie circostanze.
La Parrocchia di San Giulio di cui Papa Francesco visitò il 7 Aprile 2019 passa dal servizio dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione ai Missionari di Maria. I parroci precedenti Padre Dario e Padre Riccardo facevano parte di questo Istituto religioso. C’è stato il Padre Superiore generale dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione Padre Rinaldo Guarisco.
Prima che il Vescovo congedasse la gente, Padre Giovanni ha espresso il suo umile ringraziamento ai fedeli riuniti per la celebrazione e l’intera comunità cristiana di San Giulio.
Padre Raffaele (che ha fatto il Cerimoniale) ha commentato brevemente che la celebrazione Eucaristica e la liturgia in generale è stata bella e molto coinvolgente. Cosi ha detto:
“è stato bello vedere persone diverse molto contenti, ho visto bambini, i giovanissimi, i genitori e anziani tutti uniti in questa celebrazione e tutti attivi. C’erano anche suore da diversi istituti religiosi e missionari laici di varie nazioni e Il coro ha fatto questa celebrazione liturgica vivacissima.”
Padre Raffaele ci ha ricordato che; è sempre bello che l’accoglienza di nuovo Parroco sia un momento di gioia perché la figura del Parroco rappresenta il Servizio di Cristo in una definita famiglia cristiana in comunione con il vescovo ordinario.
Finalmente, essendo stato il cerimoniale, gli è piaciuto il servizio ad altare dei Seminaristi dei Missionari Della Consolata nei nomi di Tumusiime Yowasi e John Kioko. Allo stesso momento il servizio dei chierichetti Matteo e Francesco.
Tumusime Yowasi Studente, Missionario della Consolata tumusiimejoas@gmail.com
Pandemia e Pastorale oggi: Sfide in Opportunità.
Cosa ci dici tu..?
Nel tempo nostro abbiamo bisogno di buone notizie, siamo immersi oggi in un mondo molto inquietante. Si nota che prima che la Pandemia di Covid-19 ci lasci, ha scoppiato la guerra attuale tra Russia e Ucraina tra altre guerre nel mondo intero di cui si parla meno. Come tanti dicono, non è una guerra solo tra questi due paesi come sembra ma è una “guerra mondiale”. Siamo preoccupati così tanto perché non ci piace nessuno tipo di disagio, di fastidio come i tempi più difficili del Covid.
Siamo tutti Testimoni del tempo Covid-19 che è stato un bel fastidio a tanti e tutto il mondo. Tanto se n’è scritto, tutto il mondo ha vissuto questi momenti difficili, ogni persona ne ha esperienza, famigliare oppure comunitaria. Attesteremo piuttosto che le sfide vissute siano state anche momenti opportune nell’ambito pastorale.
Nessuno aveva previsto il Coronavirus: neanche coloro che, a cose fatte, hanno affermato di aver vaticinato la pandemia, di aver saggiamente previsto tutto, scrive il curatore del libro Contagiati: Pensieri, comportamenti, prospettive oltre il Coronavirus. Conferma ancora che:
La pandemia è arrivata, ha attraversato oceani e continenti seminando malattia e morte. Ha, al contempo, dato una scossa al sistema sanitario, ha generato una crisi economica di immense proporzioni; l’umanità si è trovata di fronte all’ennesima sfida globale (non subito percepita come tale), nella quale sono emerse risposte coraggiose e generose accanto a vecchi egoismi e a negazionismi dal sapore terrapiattista («è solo un’influenza», «no alle mascherine e alle restrizioni alla libertà individuale»). Lo shock generato dal virus ha richiesto di mettere in campo nuove risorse, di sviluppare azioni e reazioni – a volte dimostratesi efficaci, altre volte meno o per nulla – in campo medico e scientifico, politico, economico, sociale[1].
In riguardo delle epidemie nella storia umana, ne notiamo sette di grande gravità quanto scritto da Guiomar Huguet Pané sul sito di Storica National Geographic nel suo articolo intitolato «Le grandi epidemie della storia»: La peste di Giustiniano, la peste nera (tra il 1346 e il 1353), il vaiolo (1824-1829; 1837-1840;1870-1874), l’influenza spagnola nel 1918, l’influenza asiatica 1957-1960, l’influenza di Hong Kong 1968, il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) dal 1981[2].
Cosa abbiamo fatto e vissuto durante il tempo della Pandemia con riferimento alla vita Pastorale
Papa Francesco nella sua omelia del Giovedì Santo, durante la Messa del Crisma 2013 chiese soprattutto ai sacerdoti riuniti a rinnovare la loro ordinazione ad essere pastori con “l’odore delle pecore” «questo io vi chiedo: siate pastori con “l’odore delle pecore”, che si senta quello…»)[3]. Si potrebbe chiedere come i pastori durante la pandemia potessero aggiungere ai loro fedeli per amministrare il servizio a loro dato e richiamato dal Santo Padre.
Nel Messaggio Video per l’emergenza da Coronavirus, Acerra, 10 marzo 2020 del Monsignor Antonio DI DONNA vescovo di Acerra in Campania, il vescovo condivide incoraggiando e insegnando i suoi fedeli sulla situazione in questione quanto ha colpita sia la vita sociale che ecclesiale alcune riflessioni e sentimenti:
Abbiamo sentito or stati chiesto (delle parole) la responsabilità e solidarietà e di assumere con serietà i sacrifici necessari. Abbiamo accettato con spirito di lealtà e collaborazione quanto è richiesto dalle Autorità competenti per affrontare al meglio il virus e limitare il contagio. Nell’area pastorale della chiesa la celebrazione dell’eucaristia e la possibilità di pregare insieme, le attività di catechesi, e i momenti di incontri non si facevano.[4]
In un mondo dove tutto è veloce, siamo stati invitati a stare a casa. Ci ha aiutato, scrive il vescovo, a dare valore a quei legami che troppo spesso diamo per scontati. Nel contesto europeo gli abbracci a cui si astenia erano evitati, ma con i mariti e le mogli, i figli, i genitori, hanno ritrovato la bellezza dello stare a casa, dello stare insieme.
Professore Pietro Angelo MURONI dell’Università Pontificia Urbaniana osserva queste parole scrivendo sulla Liturgia e new media: “estensione” della partecipazione attiva? «siamo passati dalla DAD (didattica a distanza) alla LAD (liturgia a distanza)…»[5].
Nel suo articolo il Professore voleva dire che l’uso dei media durante l’emergenza sanitaria è stata una modalità legata a un periodo storico particolare di difficoltà che forse in qualche senso ne avevo bisogno però occorre vigilare che questa modalità non sostituisca automaticamente la normalità del vivere insieme in presenza comunitaria ovvero parrocchiale le celebrazioni sacramentali.
Ci siamo voluti vicini tra i social media, abbiamo ammirato la normalità che ci mancava durante i duri lockdown della pandemia, nondimeno, i media ci fanno prossimi, (Scrive Massimiliano PADULA ), che «la prossimità quindi riguarda i media perché essi sono vere e proprie “opportunità pastorali” che contribuiscono non solo a comunicare ma anche a esprimere il dato umano che fa la chiesa. Con la prossimità (e con tutte le sue dimensioni compresa quella comunicativa) si deve infatti confrontare ogni singolo credente nella sua vocazione e, di riflesso, anche nel suo spazio comunitario e relazionale di azione»[6].
La pandemia infine come anche afferma il Monsignore Antonio (già sopra citato) «non è stato un tempo vuoto», in riguardo soprattutto dei pastori della Santa Chiesa, fratelli sacerdoti e religiosi, ma è stato un’occasione per ricoprire i rapporti personali con i fedeli, di essere disponibili all’ascolto. Riguardando sempre il futuro con speranza abbiamo preso delle opportunità per quanto riguarda le trasformazioni pastorali pensate e vissute in questo tempo storico della famiglia umana nonostante le situazioni sfidanti.
Tumusime Yowasi
Studente, Missionario della Consolata
tumusiimejoas@gmail.com
Note
[1] BORSA G. (a cura di ), «Contagiati: pensieri, comportamenti, prospettive oltre il Corona virus», Dialogo Editore, Milano 2020, 5
[5] MURONI Pietro Angelo, «Liturgia nel Post-Pandemia: quali prospettive per la celebrazione liturgica nel “post Vaccino”», in Urbaniana University Journal 74 (2021) 2, 165-190.
[6] Massimiliano PADULA, Comunica il prossimo tuo: cultura digitale e prassi pastorale, Paoline, Milano 2020, 12
Essere chiesa on line. Report commissionato dalla Tavola Valdese
La pandemia ha costretto le chiese a riorganizzarsi nel tentativo di mantenere vive le relazioni di fraternità, di garantire il culto e di accompagnare i malati e le famiglie di chi moriva a causa del virus. All’interno delle chiese evangeliche valdesi e metodiste si è fatto un notevole sforzo in questo campo spingendo le comunità a una rapida innovazione, come testimoniano i risultati della ricerca commissionata dalla Tavola Valdese alla rivista Confronti. Le chiese con una rapidità sorprendente hanno utilizzato vari social media e varie piattaforme digitali sperimentando quella che può essere definita smart churching. Pur nella disomogeneità dei dati, si nota che le chiese hanno cercato di superare il gap tecnologico, utilizzando la piattaforma zoom per i culti, postandoli su Facebook, commentandoli in chat, scaricandoli in streaming. L’utilizzo di queste piattaforme ha rilevato che nel Sud d’Italia l’utilizzo delle risorse digitali è stato nettamente inferiore che nelle altre aree del Paese. E’ emersa anche, dal punto di vista teologico, una differenza sostanziale tra le chiese evangeliche e la chiesa cattolica sulla concezione liturgica. Mentre per le chiese evangeliche, non si vive di solo culto, poiché la liturgia è sempre più una celebrazione corale che si rinnova e si costituisce in una pluralità di voci e di gesti, la liturgia cattolica, fondata sull’eucaristia, evidenzia chiaramente la necessità della presenza poiché la consumazione delle specie eucaristiche non può avvenire in modo virtuale. Un dato importante è quello del gradimento della proposta online che, nel caso valdese e metodista, è davvero rilevante giacché sommando coloro che hanno risposto “molto” e “molto alto” si supera il 90%. Esiste da anni un filone di studi che individua nella rete un nuovo spazio di comunicazione per le comunità religiose. Nel 2012 usciva uno studio comparato sulla rivoluzione digitale nelle pratiche religiose in cui si precisava una fondamentale distinzione: la religion on line intendendo la teologia e la pratica delle confessioni tradizionali che si propongono sulla rete; dall’altra c’è la online religion che indica, invece, una nuova forma di spiritualità virtuale, spesso sincretica, certamente post-confessionale e vissuta all’interno di una cerchia di fruitori-adepti collegati ad una piattaforma digitale. Nei mesi in cui le chiese sono rimaste chiuse, si è notato come fasce di membri di chiesa poco o nulla alfabetizzate dal punto di vista digitale hanno sperimentato quello che è stato chiamato lo smart churching: culti, studi biblici, corsi di catechismo, conferenze, riunioni degli organi ecclesiastici che non richiedevano più uno spostamento fisico ma che consentivano di partecipare stando nelle proprie abitazioni. I dati raccolti dimostrano che le chiese valdesi e metodiste hanno reagito positivamente alla sfida della pandemia come evidenzia la grande partecipazione al culto domenicale chiamato per l’occasione “Zoom worship” realizzato sulla piattaforma della rivista Confronti. Da quest’esperienza è partita da parte delle chiese valdesi e metodiste una ricerca sull’utilizzo degli strumenti tecnologici che ha permesso alle chiese di situarsi nella rete, individuando il proprio e specifico profilo tecnico e contenutistico. I dati emersi dal questionario mandato alle chiese valdesi e metodiste teso a valutare le implicazioni della nuova situazione determinatasi nella vita ecclesiastica hanno un valore di rappresentatività molto alto. Emerge che il culto è stato organizzato durante il periodo di chiusura nella quasi totalità delle chiese che hanno partecipato al sondaggio. Nelle Valli Valdesi, a fronte di culto e meditazione che sfiorano il 90% gli studi biblici sono stati organizzati soltanto dal 31% delle chiese. Le attività in generale sono state ideate, pensate, promosse nel 42% delle chiese dal pastore/pastora, diacono/diacona e nel 39,4% dal consiglio di chiesa/concistoro. Mentre nelle Valli Valdesi il pastore/pastora, diacono/a ha avuto un ruolo maggiore nel proporre delle attività (58%), al centro e al Sud d’Italia il consiglio di chiesa/concistoro ha ottenuto la percentuale più alta rispettivamente 53,4% e 41,3%. Nelle chiese della Svizzera tutte le attività sono state pensate, promosse dal pastore. Le attività sono state diffuse utilizzando in gran parte social network (87%) seguiti a distanza da sito web, email e radio. Le piattaforme più sfruttate sono state Whatsapp (73%), Facebook (48,8%), YouTube e Zoom(46,5%). La frequenza dell’offerta è stata tendenzialmente alta: anche se le percentuali differiscono tra le varie zone del paese e delle chiese in Svizzera, due terzi delle chiese ha organizzato attività settimanali, il 19,3% giornaliere, il 7,4% mensili. Il video è stato lo strumento più utilizzato e condiviso per comunicare. La maggior parte delle attività (86%) si è svolta in diretta e ha raggiunto per il 42% dei rispondenti da 10 a 30 persone e per il 40% da 31 a 60 persone. Le attività in differita sono state organizzate dalla metà delle chiese campione con un grado di diffusione maggiore: il 39% ha registrato oltre 100 partecipanti, il 24,8% tra i 31 e i 60 partecipanti. Il livello di gradimento risulta alto per quasi il 60% e molto alto per il 30%. Emerge dai dati la diversità del vissuto delle varie comunità, dovuta indubbiamente a molteplici fattori: dimensione della chiesa locale, età dei membri, collocazione geografica. Accanto alle attività che le singole chiese sono riuscite ad organizzare per far fronte alle esigenze della pandemia, si possono evidenziare delle esperienze che hanno beneficato di un lavoro corale e di una collaborazione territoriale. Per alcune zone del Sud, la supervisione del circuito è stata importante, non solo per sopperire ad una ridotta presenza pastorale, ma anche per promuovere iniziative e mettersi in rete ottimizzando le energie. Nell’ambito metropolitano, la chiesa metodista e la chiesa valdese di Milano hanno realizzato insieme ad altre chiese protestanti del territorio culti interdenominazionali settimanali registrati su You Tube che hanno coinvolto anche membri di chiesa delle diverse comunità evangeliche milanesi. L’utilizzo della tecnologia ha certamente svolto un ruolo di supplenza notevole ma non è riuscito a oltrepassare il cerchio dei più fedeli e praticanti. Si corre il rischio che lo smart churching si sviluppi come una spiritualità comoda e confortevole vissuta nella propria abitazione a scapito delle relazioni vere sia pure faticose e impegnative. La pandemia ha avuto il merito di aver spinto le chiese ad aggiornare le forme della loro predicazione dimostrando che le tecnologie digitali rappresentano non solo un’opprotunità ma un ovvia necessità. Nelle Valli Valdesi Radio Beckwith ha fornito un supporto importante. Su iniziativa dei pastori/e, diaconi/e si è passati dal culto radio domenicale (antecedente la pandemia) a culti radio e videosettimanali e a meditazioni quotidiane in radio e podcast utilizzando Facebook e You Tube. Un punto di forza di queste esperienze è stata, oltre l’apporto di RadioBeckwith, la collaborazione fra le chiese e il saper mettere in rete competenza ed energie. Per le attività rivolte ai bambini/e, l’esperienza del “culto con il ciuccio” ha travalicato i limiti territoriali diventando uno dei momenti liturgici più ricercati a livello nazionale. Questo culto, consolidato da alcuni anni in alcune chiese, pensato principalmente per i bambini della scuola dell’infanzia e le loro famiglie, con il passaggio al digitale è stato condiviso e visualizzato da famiglie in tutta Italia. La sua realizzazione è stata il frutto di una rinnovata collaborazione tra alcuni pastori/e, diaconi/e che hanno coinvolto membri di chiesa di diverse comunità nella preparazione e nella realizzazione delle diverse parti del culto. La creazione di un canale You Tube dedicato ha aumentato la diffusione e visualizzazione dei culti anche a distanza di mesi. Da questi dati pare emergere la necessità di un ripensamento dell’essere chiesa per evitare che l’utilizzo delle tecnologie si riduca ad una mera trasposizione on line delle attività tradizionali in presenza, invece di utilizzare gli strumenti a disposizione per ottimizzare le risorse e creare progetti nuovi e di riuscire a far tesoro delle competenze, delle risorse acquisite e delle buone pratiche sperimentate per farle fruttare anche quando si potrà tornare a svolgere tutte le attività in presenza. L’utilizzo sempre più frequente della tecnologia digitale non può trascurare il tema della sicurezza e integrità on line poiché l’utilizzo della rete ha portato all’implementazione d’informazioni sulla composizione demografica e sulle caratteristiche dei gruppi sociali religiosamente orientati, sulle loro consuetudini e comportamenti. Nell’utilizzo della piattaforma Zoom, si è manifestato l’inadeguatezza in termini di sicurezza informatica della piattaforma a reggere l’urto di un utilizzo di massa a livello globale. Queste problematiche non possono far dimenticare che percorsi consapevoli di utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla società digitale debbano tener conto della consapevolezza della più volte richiamata unicità della dimensione umana che obbliga ad utilizzare la rete con un livello di attenzione adeguato mettendo in atto le più diffuse norme comportamentali a tutela delle proprie informazioni e decidendo consapevolmente cosa condividere della propria vita. Ciò implica una responsabilità nella scelta del mezzo più adeguato alla tutela di tutta la comunità e l’attenta verifica del rispetto delle principali norme di sicurezza da parte dello strumento verso il quale si orienta la scelta di utilizzo. Occorre anche essere consapevoli della diversa dimensione dello spazio in cui si agisce poiché ad una diversa dimensione dello spazio in cui si agisce, corrisponde una potenziale illimitatezza di contatti on line che sfuggono al controllo personale e che espongono ad una maggiore probabilità ed eterogeneità di pericoli, spesso celati dietro identità non verificabili. Ciò esige l’innalzamento della vigilanza individuale e collettiva e una formazione continua per rendere le chiese on line luoghi di culto, comunione e testimonianza sicuri, aperte al mondo e in grado di esercitare il discernimento nei nuovi contesti in cui sono chiamate a vivere e ad agire. Per le chiese valdesi e metodiste la pandemia ha rappresentato una sfida e un occasione di arricchimento culturale. L’utilizzo delle piattaforme digitali ha permesso l’accesso di persone che, data la dispersione dei membri di chiesa su tutto il territorio nazionale, non avrebbero potuto partecipare. Come l’invenzione della stampa a caratteri mobili ha rappresentato una rivoluzione nella società e nella chiesa del tempo, ora le chiese sono chiamate ad articolare la loro presenza nella società utilizzando le risorse digitali.
Giovanni Musella
I media a servizio della dignità umana
I mezzi di comunicazione sociale svolgono un ruolo decisivo nella società. I media influenzano notevolmente la cultura e la mentalità di oggi e i vari strumenti disponibili determinano la vita di tante persone. Le piattaforme sociali esercitano un enorme potere sulle scelte e le azioni degli uomini,. C’è una realtà virtuale-digitale che ci sovrasta, ci influenza e per certi aspetti ci controlla anche. Davanti a tali cambiamenti epocali non si può rimanere indifferenti, optando di non “averne a che fare” e, questo, non soltanto per un fatto chiaramente oggettivo: tutti, anche i più avversi a questi strumenti, in un modo o nell’altro ne sono in qualche modo legati, ma anche e soprattutto per un senso di responsabilità che, se è vero, come lo è, che tali mezzi di informazione e comunicazione interessano ormai gran parte della popolazione mondiale, c’è da preoccuparsi per fare in modo che anche in queste piattaforme ci sia un impegno umano, e quindi cristiano, per ciò che è buono e giusto. La Chiesa giustamente afferma che questo impegno abbraccia anche la sua vocazione missionaria. Essa, chiamata a “portare la salvezza a tutti gli uomini ed essendo perciò spinta dalla necessità di diffondere in Vangelo” 1. Poichè questi potenti mezzi di comunicazione hanno un potere immenso sulle decisioni e sulle azioni degli uomini, come si esprimeva il Santo Padre Giovanni Paolo II: “è un fatto che le vostre decisioni anche minime possono avere un impatto globale” 2, la Chiesa Cattolica “ritiene suo dovere predicare l’annuncio della salvezza servendosi anche degli strumenti della comunicazione sociale e insegnarne agli uomini il retto uso.” (IM 3)
1) Il diritto eminente: la dignità della persona umana
I moderni mezzi di comunicazione offrono senza dubbio un grande contributo alla società e possono contribuire alla costruzione di un mondo più giusto, ma possono anche degradare i costumi, distruggere la morale ed infliggere gravi conseguenze alla comunione delle persone e alla loro salute spirituale. La Chiesa “è afflitta da materno sentimento di dolore per i danni che molto spesso il loro cattivo uso ha provocato all’umanità.” (IM 2). Per questo la Chiesa, attraverso l’insegnamento del Magistero, si sforza di aiutare questi nuovi canali di trasmissione di notizie e contenuti a raggiungere lo scopo al quale essi stessi sono chiamati: servire alla persona umana. Giovanni Paolo II insegnava che esiste un legame fra la comunicazione e la religione, in quanto la religione è comunicazione con Dio, ma anche comunicazione umana, che si fonda sul rapporto d’amore con il prossimo. Perciò come esiste il diritto alla comunicazione, così ad esso è legato anche il diritto all’informazione, che la Chiesa riconosce e promuove. Ecco come pronuncia il Concilio Vaticano II: “appartiene dunque alla società umana il diritto all’informazione su quanto, secondo le rispettive condizioni, convenga alle persone, sia singole sia associate.” (IM 5) Il Concilio aggiunge che questo esercizio deve essere svolto secondo i principi della verità e, salve la giustizia e la carità, così dice testualmente il decreto sulle comunicazioni sociali, integra. Rammenta infatti che non ogni cognizione è sempre opportuna o conveniente, mentre lo è la carità, che tiene conto delle situazioni e trova il modo di adattare la verità alla realtà cui si rivolge. E’ davvero importante insistere pure sulla integrità dell’informazione, affinché non si diventi manipolatori della verità. “Oltre a ciò c’è il dovere di evitare in ogni caso qualsiasi manipolazione della verità.” (GPII-mass media, 3) Bisogna però ricordare che ad ogni diritto corrispondono anche doveri corrispondenti. E’ il caso della questione fra i diritti della società, che si esplicano in varie forme e nei vari contesti e il dovere morale universale. Su questo si deve essere chiari: “alla base di tutti i diritti umani c’è la dignità della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio (GPII-mass media 5), su cui tutti i diritti si fondano, persino quello alla privacy. Bisogna difendere, parallelamente alla tutela dei diritti dei singoli, anche la sacralità della persona umana nella sua interezza, evitando ogni forma di offesa e di scandalo alle coscienze. Ecco ciò che dice a riguardo il Concilio nel decreto Inter Mirifica: “il primato dell’ordine morale oggettivo deve essere rispettato assolutamente da tutti, poiché solo esso supera e armonizza tutti gli altri ordini di attività umana, per quanto nobili, non escluso quello dell’arte” (IM 6). In questo caso quello della privacy è un esempio calzante. L’art.7 della Carta dei diritti dell’UE (Carta di Nizza) -Rispetto della vita privata e della vita familiare- afferma che: “ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”; ciò nonostante questo “non è formulato come un diritto a sé, ma nasce come limite alla libertà di espressione e al diritto all’informazione”. La tensione fra queste dimensioni, appunto la tutela dei diritti e la difesa dell’ordine morale, necessita di un’attenta riflessione da parte dei diretti responsabili di questi mezzi prima, e da parte di tutti coloro che in diversi modi ne usufruiscono poi. La posta in gioco è alta e dal delicato equilibrio fra i diritti della cultura e le norme della legge morale dipende la serena convivenza nella società e la pace nel mondo. “Tutti i media di cultura popolare che voi rappresentate possono costituire o distruggere, elevare o degradare. Voi avete indicibili possibilità di fare del bene, inquietanti possibilità di distruzione. E’ la differenza tra la morte e la vita- la morte o la vita dello spirito-. ed è una questione di scelta. La sfida di Mosè al popolo d’Israele si applica oggi a tutti noi: “Io ti ho posto davanti la vita e la morte… Scegli dunque la vita”. (GPII-mass media, 2). Stando sempre al parere della Chiesa, particolari responsabilità spettano alle autorità civili, chiamate a tutelare il bene comune. Spetta alle autorità competenti vagliare ciò che i mezzi di comunicazione sociale propongono e favorire, promuovere le giuste e vere forme di informazione. “Lo stesso potere pubblico, che giustamente si interessa della salute fisica dei cittadini, ha il dovere di provvedere con giustizia e diligenza, mediante la promulgazione di leggi e l’efficacie loro applicazione, che dall’abuso di questi strumenti non derivino gravi danni alla moralità pubblica e al progresso della società.” (IM 12) E’ possibile infatti intervenire per la tutela e il rispetto della legge morale senza mancare ai diritti della cultura e dell’informazione, che sempre invece è chiamata a rispettare queste norme. In questo un’attenzione speciale va posta soprattutto ai giovani e agli adolescenti, che, per la loro condizione, sono i più fragili. Per questo chi lavora nel mondo della comunicazione e dell’informazione, dovrebbe sentire quest’imperativo rivolto anzitutto a sé stesso. Questa grande industria infatti “si trova a gestire grandi somme di denaro che portano con sé gravi problemi” (GPII-mass media 7). Occorre che anche costoro riflettano seriamente sulla gravità del ruolo che investono e sulle conseguenze che, dalle loro stesse scelte, possono ripercuotersi su larga scala. Affinché ciò avvenga, è importante che essi stessi non vengano “ingoiati” dal sistema in cui operano. Tuttavia accade pure che questa enorme responsabilità molto spesso ricada unicamente su chi dispone di questi strumenti, proprio per la difficoltà di regolare a livello legislativo simili strutture. Paolo VI rivolgendosi una volta a questa classe di professionisti diceva: “Non si chiede che facciate i moralisti a tesi fissa; ma ancora si fa credito alla vostra magica abilità di far intravedere il campo di luce che sta dietro il mistero della vita umana.” 3 Sembra essere proprio questo l’invito più pressante che i diversi Pontefici di questi passati decenni hanno rivolto a in materia.
2)Nulla sostituisce il vedere di persona
Dal pensiero del Papa polacco emerge nella comunicazione la forza della parola. Tale forza può essere riconosciuta da tutti, mentre costituisce allo stesso tempo pure una comune speranza nella ricerca del dialogo e della solidarietà. “Sono convinto che in larga misura possiamo condividere una comune speranza, radicata in una visione della razza umana armoniosamente unita attraverso la comunicazione. Sono certo che tutti voi, cristiani o no, mi permetterete di riferirmi al grande fascino che circonda il mistero della parola come comunicazione. Per i cristiani, la parola come comunicazione è la spiegazione di tutta la realtà così come viene espressa da San Giovanni: ” In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio” (GPII-mass media 8). E’ indicativo come anche nelle relazioni quotidiane la parola abbia un ruolo fondamentale nella comunicazione. Ma la parola non è mai distaccata dalla realtà; essa infatti esprime e riporta quanto gli uomini sentono, pensano, vivono, o anche soffrono. Perciò è importante che chi possiede il compito di riportare i fatti, in particolare i giornalisti, si faccia vicino sì alla realtà che descrive e non si limiti ad esporre soltanto fatti o notizie in maniera “distaccata”. Vicinanza vuol dire pure che la parola non si limita al discorso verbale. C’è bisogno di altro, di un contatto reale con la realtà, di una vicinanza concreta ai fatti e al prossimo. Con tutto il bene che questi mezzi possono significare, non si può sostituire la presenza fisica con la presenza virtuale. I dati riportati da Hootsuite sono terribilmente chiari: 7 ore al giorno di media sul web, 3 ore e 20 sulla TV, 2 ore e mezza sui social media… impressionante! Per quanto questi mezzi offrano grandi risorse per la comunicazione, nulla sostituisce il vedere di persona. “Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti.” 4 Le parole del Papa hanno uno taglio pastorale. Citando il Beato Lozano Garrido (giornalista spagnolo morto nel 1971 e beatificato nel 2010) “apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita”, il Papa esorta a consumare le suola delle scarpe, ad uscire, a vedere con i propri occhi, a toccare la vita con le proprie mani, come stile che deve caratterizzare ogni azione pastorale autentica. Ancora una si parla di un diritto del popolo a comunicare. Comunicazione che comprende la capacità di ri-conoscere la realtà in cui si vive. “Comprendere il nostro tempo significa comprendere la mondializzazione che trascina l’avventura umana, diventa planetariamente interdipendente, lotta di azioni e reazioni, in particolare politiche, economiche, demografiche, mitologiche, religiose” (Mauro Ceruti, Il tempo della complessità, 2018) Senza questa dimensione concreta della vita, si rischia di chiudersi in un atteggiamento solitario, correndo il rischio di crearsi un mondo parallelo, virtuale appunto. “E’ così che la biosfera diviene “infosfera”, ambiente che nella sua massima accezione, può farsi sinonimo di realtà se questa è interpretata in termini “internazionali”. (Luciano Floridi, La quarta rivoluzione, come l’infosfera sta trasformando il mondo 2017). La sfida è ancora una volta come meglio utilizzare questo enorme potenziale, se metterlo a servizio della comunione e del dialogo o sfruttarlo soltanto per seguire scopi egoistici ed ottenere maggior profitto possibile. Davanti alla quarta rivoluzione industriale, come l’ha definita Schawb, la scelta spetta agli uomini del nostro tempo: scegliere il bene o scegliere il male il male, volere la vita o volere la morte.
Agostino De Santis
Note
Hikikomori: più un fenomeno sociale che un “fatto digitale”
Introduzione
In questo articolo, cercherò in parte, di scagionare dall’accusa di essere la causa prima del fenomeno degli Hikikomori, le tecnologie digitali.
Non assumerò tale atteggiamento per rivendicare riconoscimenti alle tecnologie digitali, bensì per il solo fine di informare autenticamente sul fenomeno e scoraggiare l’assimilazione del fenomeno degli Hikikomori e quello della dipendenza da internet, rendendoli così equivocamente interscambiabili.
1 Il fenomeno degli Hikikomori
1.1 Nascita e conseguenti sviluppi
Molti studi approfonditi sul fenomeno, lo fanno risalire agli anni ’80 e alcuni addirittura agli anni ’60 in Giappone; questo dato di partenza ci mette di fronte ad un’ evidenza, vale a dire quella che nel periodo storico considerato, le tecnologie digitali, internet e tutto ciò che ne ha seguito e conseguito, non erano ancora parte integrante della nostra vita, o quanto meno, non avevano ancora avuto il loro “esordio” come invece è avvenuto negli ultimi decenni; nonostante ciò era già alto il numero degli isolati sociali in questo periodo.
Questo ci fa intuire che le radici del fenomeno vanno ricercate in fattori più remoti e soprattutto di matrice psico-sociale.
Prima di addentrarci nei meandri del fenomeno, è necessario infatti informare sul significato letterale della parola Giapponese Hikikomori, che in italiano si traduce letteralmente “stare in disparte”.
Ora a partire da questa traduzione letterale, senza perderci troppo in interpretazione divaganti, possiamo chiaramente identificare questo fenomeno come un fenomeno di matrice sociale.
Infatti se prendessimo in esame un Hikikomori e lo osservassimo attentamente, potremmo facilmente constatare che l’origine dei suoi disturbi è da ricercare in problemi di matrice relazionale, esistenziale e adattiva, i quali gli fanno assumere certe tendenze ad isolarsi e ad autorecludersi.
In questo sfondo che inquadra l’Hikikomori come un soggetto fragile dal punto di vista psico-sociale, è facile immaginare che ruolo possano aver avuto in tutto questo le tecnologie digitali. Le tecnologie digitali, in tutto questo, rappresenterebbero solo una logica conseguenza dell’isolamento sociale piuttosto che la causa diretta del fenomeno. Questo però non significa sollevare da ogni responsabilità le nuove tecnologie digitali, le quali comunque contribuiscono a rinforzare l’isolamento del soggetto, offrendogli, per “tamponare” al suo bisogno di socialità il conforto di una forma di compagnia e socialità alternativa a quella autentica.
E una volta trovata questa alternativa gradevole, il soggetto si sentirà confortato abbastanza, e difficilmente riuscirà a separarsi da questa nuova alternativa di pseudo vita, la quale avrà prodotto nel soggetto una assuefazione e saturazione tali da creargli dipendenza.
Dunque, anche se il fattore digitale non rappresenta il motivo scatenante, sicuramente ha contribuito ad un più rapido sviluppo e ad una maggiore diffusione del fenomeno in tutto il mondo.
Infatti se nell’era pre-digitale il soggetto che decideva di isolarsi, andava incontro ad una totale rinuncia della vita sociale, poiché non avrebbe avuto nessuna pseudo alternativa veramente soddisfacente, che potesse quasi eguagliare la vera socialitá, oggi invece il soggetto che decide di isolarsi, sa di poter contare su una nuova forma di vivere il sociale (mondo digitale), con la differenza inoltre di non doversi preoccupare di mettere in gioco veramente se stesso, ma in un modo con cui potrà salvaguardarsi da ogni tipo di affronto alla sua persona reale, in quanto potrà “scegliere” chi essere, in base ai modelli sociali già preconfezionati imposti dalla società. Così facendo avrà assicurata quell’approvazione e quell’amicizia che nella vita reale gli sarebbero altrimenti negate.
Dunque, se il motivo scatenante alla base del suo isolamento era rappresentato dalla percezione di inadeguatezza di sé, dall’incapacità, dall’inferiorità rispetto al resto degli individui della società, con la possibilità di nascondersi e reinventarsi, il problema, non solo cessa di sussistere, ma si risolve con successo (a detta dell’isolato sociale).
Ovviamente la scelta di essere altro da ciò che autenticamente si è, non sarebbe neanche da definirsi tale, in quanto il soggetto disagiato, come anticipavo, sarà costretto a sottomettersi alla legge dei modelli già prestabiliti dalla società.
1.2 Riflessione sul discorso sociale ed etico
Oggi si parla di mondo digitale, perché la sua complessità, il suo grado di sviluppo, la sua espansione hanno dato vita ad un vero e proprio mondo all’interno del quale poter ri-esistere, autogenerandosi, come più ci si preferisce, alla pari di un Dio, sostituendosi ad un Dio.
Questo esprime con molta evidenza tutto il pensiero contemporaneo di matrice nichilista, impregnato del suo relativismo più estremo; un atteggiamento autodistruttivo che veste i panni di un’ autogenerazione e di una rinascita da “uomo nuovo”, il quale vuole provare l’ebbrezza di essere Dio, anche solo per sentirsene degno.
In questo caso specifico, relativamente dunque al fenomeno psico-sociale analizzato (quello degli Hikikomori), ma a buon bisogno estendendolo anche ad un maggiore campo (tutti gli schiavi del proprio mondo artefatto) considerando il punto di vista Nietzschiano, l’uomo, andando oltre il bene e il male, andando letteralmente oltre se stesso, egli sovrapporrebbe davvero un altro se al proprio, senza però alcun rimorso o scrupolo di coscienza, la quale è stata già precedentemente uccisa, e ora tace.
Tutto ciò lascia una certa amarezza in bocca, sembra evidente che in questo sistema qualcosa non vada bene, eppure l’evidenza del bene e del male non esistono per Nietzsche e per il pensiero contemporaneo a lui dovuto-dEvoto.
Certamente l’esigenza di Nietzsche, può essere anche ben ammessa se la si colloca nel giusto tempo, in un’ epoca, la sua, in cui vigeva un rigoroso codice morale, fondato sulla mortificazione degli appetiti, e di tutte le inclinazioni incontinenti in generale, ma adesso stento a credere che non raccoglierebbe i pezzi del fallimento della propria filosofia, in quanto l’applicazione radicale e dunque letterale del suo pensiero hanno portato, e porteranno (perché è nel futuro che troverà il culmine della decadenza il pensiero Nietzschiano) alla rivalutazione dell’evidenza, la quale era stata severamente giudicata da Nietzsche.
L’evidenza sarà la stessa che porterà il sistema filosofico Nietzschiano difronte a prove inconfutabili, dove il confine tra il bene e il male sarà più evidente che mai.
Questa evidenza però ci sarà dato di vederla, solo nel caso in cui saranno portati ancora di più all’estremo o addirittura superati i limiti designati dalle leggi naturali, quando forse sarà già ormai troppo tardi per riprometterci di comportarci con coscienza solo per salvarci.
E non è possibile parlare con Nietzsche in termini di misura, medietà, in quanto la sua non etica, in se è estrema, e così come non si può trovare l’estremo in ciò che è medietà (ad esempio nel caso della temperanza), allo stesso modo non si può trovare medietà, in ciò che è estremo.
La mediatá ha come presupposto la presenza di due opposti, perché lei si trova proprio tra loro, se vi è solo un estremo, non vi sarà mai medietà, ecco perché finché sarà radicale la posizione assunta, non potrà mai portare ad una conclusione altra da quella che rispecchia, ovvero non potrà mai manifestarsi in altro modo dalla distribuzione.
In virtù di questa eventuale catastrofe, forse sarebbe meglio augurarci di non arrivare mai a conoscere il risultato del fallimento del pensiero Nietzschiano, ma questo prevederebbe un risveglio prematuro dal nostro assopimento, una presa di coscienza visionaria, in cui sembrerebbe molto difficile sperare.
La proposta Nietzschiana è un po’ la stessa dell’anarchia nella sua forma utopica, che si tradurrebbe in autarchia, e come potrebbe questa contemplare tali eccessi o difetti?
Anche se quanto detto, potrebbe indurre a far pensare che ci fosse una qualche intenzione di confermare positivamente il precedente sistema etico a discapito dell’attuale proposto da Nietzsche, non è da intendersi così, in quanto ritengo che Nietzsche abbia compiuto un atto necessario, che incombeva, che prima o poi non avrebbe tardato a verificarsi, allo stesso modo in cui il contenuto di una pentola a pressione messa a fuoco troppo alto esce fuori spargendosi sulle superfici della cucina, prima o poi se non si regola la fiamma a temperatura moderata. Infatti una morale, che si impone senza riserve e rigidamente, non considerando alcuna inclinazione naturale, mortificando e giudicando troppo severamente certe azioni, una morale che è un imperativo categorico, un monito che vuole suscitare timore e indurre nell’ uomo una totale devozione a se, come un atto completo di fede ceco, senza lasciare alcun margine di riflessione o discussione, una morale che quindi impedisce l’esercizio della natura razionale dell’uomo, ecco una tale morale è da giudicarsi molto severamente.
Nessuna natura, né razionale, né sensibile, deve essere repressa totalmente e violentemente, altrimenti con altrettanta violenta ira si manifesterà presto o tardi. Infatti è tra le file degli educati con i più rigorosi e inflessibili schemi che vengono reclutati i maggiori violenti e ribelli della società.
Affermare la sottomissione del principio del piacere a quello di realtà, non sta a esaltare la natura positiva delle capacità intellettive a discapito del “peccaminoso” principio del piacere, diversamente invece sta a significare vivere con coscienza della realtà, una realtà composta da una moltitudine di individui, i quali hanno responsabilità verso di noi, come noi ne abbiamo verso di loro, a partire da questa responsabilità deve concludersi una autoregolazione dei nostri istinti, che altrimenti se pienamente soddisfatti, nuocerebbero all’altro. In un certo senso l’altro dovrebbe diventare il nostro metro di misura, colui a partire dal quale deliberiamo le nostre azioni.
Certo a questo punto bisognerebbe interrogarsi però su cosa sia secondo me il bene dell’altro, insomma si presenta un duplice interrogativo che dà adito alla riflessione sulla concezione del bene e del male secondo me e secondo l’altro. E se io agissi nel bene, ma male in conclusione, certo, sarebbe agire per ignoranza di bene, ma sarebbe comunque agire male in definitiva.
Certo è, che è difficile, forse impossibile andare oltre il bene e il male, per riservarsi un trono regale al di sopra di essi, considerando il fatto che noi stessi, noi esseri umani abbiamo dato nome, per esigenza di natura intellettiva, a questi due concetti opposti che, in quanto concetti si sono fatti intuire, percepire a livello intelligibile, insomma si sono dati a noi. Come la stessa libertà, che non è una realtà empirica, ma non per questo non sussistente, poiché percepita dalla nostra mente e fornita di prove dalla morale, nella quale si realizza e traduce nella possibilità di deliberare un’azione.
La stessa libertà tanto perseguita da Nietzsche, che lui stesso, invitando l’umanità ad andare oltre i concetti di bene e di male (oltre la dimensione concettuale), annulla, in quanto essa risiede proprio in quella dimensione necessaria.
Certo è però che Nietzsche inviata a superare il concetto di bene e male, ma in generale a superare tutta la realtà concettuale, tutto ciò che riconduce ad una realtà noumenica, tutto ciò che è necessario all’uomo per riempire il vuoto ontologico causato dalla morte di Dio; così assicurando alla libertà il posto nel mondo fenomenico, l’unico reale, a differenza di quello che era stato spacciato come tale per molto tempo (quello noumenico), iniziato con Platone e promosso successivamente dal Cristianesimo.
Dunque la libertà per Nietzsche per poter trovare spazio nell’unica e sola realtà esistente, ha bisogno di una condizione necessaria, ovvero l’assenza del determinismo scientifico, il quale se persistesse sarebbe lui legislatore.
Dunque Nietzsche inviata l’umanità ad uccidere anche il totem rappresentato dalla scienza e sostituito dall’uomo (positivista) stesso a Dio, per colmare il vuoto ontologico lasciato dal suo omicidio.
“Come però poter affermare che la libertà possa essere in grado di uccidere la tecnica che governa ormai il mondo?”
“E poi non diventerebbe la nostra stessa libertà, portata alla massima esaltazione possibile a diventare lei stessa il nostro idolo? Non finirebbe per scadere in una viziosa ed egocentrica conclusione?
Non saremmo noi stessi a conferirle una posizione nel mondo ideale?”
Se penso infatti alla libertà, portata alle sue massime conseguenze, non posso fare altro che avere davanti a me uno scenario di confusione e devastazione.
“Inoltre possiamo veramente liberarci dall’esigenza di porre al centro della nostra vita un faro, un orizzonte da seguire?”
“Ma soprattutto veramente dovremmo parlare di liberazione, come se si trattasse di una qualche forma di schiavitù?”
“Siamo sicuri che il nostro bene, risieda nel liberarci, procedendo però così all’infinito, di tutto ciò che si presenta come un Dio?”
E se l’esigenza di avere un Dio, anziché essere la scusa per non sentirci troppo piccoli e insignificanti fosse la logica conseguenza della autocoscienza di essere esseri limitati?
E in quanto esseri limitati siamo spinti dal nostro stesso intelletto, (che il fatto stesso di non averne merito, perché ci è dato, prova l’esistenza di un’alterità suprema a noi), a cercare e a trovare una giustificazione alla nostra esistenza, in quanto ci è evidente che non ci siamo autocreati (sebbene siamo stati generati dai nostri genitori, ma andando a ritroso nel tempo fino a giungere al primo uomo, si riproporrebbe la questione) e, anche se al contrario abbiamo “l’autorità” per toglierci la vita sarebbe comunque un atto contro natura, intesa come procedere, nascere, uno sviluppo che non si frena, un venire continuamente all’esistenza giorno dopo giorno esistendo, crescendo; la distruzione non ha la stessa potenza, la stessa forza suprema posseduta dalla creazione, infatti l’uomo può solo distruggere non creare, al limite può generare (quindi a partire da qualcosa che già gli è dato, da qualcosa che già è, e non dal nulla come nel caso della creazione).
Forse non ci è dato autopercepirsi più di quello che siamo, e forse fare uno sforzo anche solo per sentirci degni di certi attributi, ci farebbe pesare ogni giorno la pretesa di essere Dio e di stare a prenderci in giro di conseguenza.
Inoltre perché mai ammettere l’esistenza di una qualche entità suprema, dovrebbe automaticamente ammettere la nostra infimità?
Infimità della quale ci rendiamo invece conto nel momento in cui vorremmo autoproclamarci Dio, senza averne però i requisiti per farlo.
Ci dovremmo sentire più o meno allo stesso modo in cui si dovrebbe sentire un uccello che volesse imporsi di parlare la nostra lingua.
E affermare che paragonare l’uomo all’animale non è corretto, non va comunque a rappresenta una valida antitesi, in quanto, nonostante l’uomo senza dubbio sia di un gradino sopra rispetto agli altri esseri animali, e lo percepisce bene questo, in altrettanto modo, percepisce a causa della sua non onnipotenza, abbastanza evidente che sia ad un gradino più giù rispetto ad altro, (senza ricorrere a nessun Dio in particolare).
E se l’uomo a differenza degli altri animali può grazie alla tecnica fare ciò che per natura non gli sarebbe stato consentito (volare per esempio), il merito va allora alla scienza, alla tecnica, dunque stando a questo non possiamo prendere in considerazione le parole di Nietzsche, che servendosi dell’uomo folle ci invita, invita gli intellettuali positivisti a non proclamare la scienza a status di nuovo Dio.
Ad ogni modo la scienza di poco, per poca insufficienza non può godere di tale privilegio, in quando la sua esaustività nello spiegare i meccanismi e il funzionamento della natura, tuttavia non risulta sufficiente al fine di giustificarne il perché ontologico.
Ad ogni modo la mia, più che avere la pretesa di essere una proposta risolutiva, poiché non vi è alcuna conclusione che si possa definire tale, per il requisito di chiarezza, in questo elaborato, rappresenta piuttosto un certo tentativo speculativo di individuare i punti focali e di indirizzare una riflessione sulle questioni, anche se abbastanza disordinatamente, esposte.
2 Il mondo della tecnica e la sua influenza
2.1 La forza attrattiva del mondo digitale
Tornando al discorso precedente, cioè a prima che la divagazione filosofica prendesse il sopravvento, è importante sottolineare che, avendo una forza molto attrattiva, il mondo del digitale, “facilmente recluta le sue vittime”, in quanto non sono solo i soggetti con gravi disagi psicosociali a diventarne facilmente schiavi, ma anche soggetti più o meno stabili, che tutto sommato conducono una vita equilibrata.
Le nuove tecnologie digitali rappresentano un intrattenimento ormai per molti, infatti è facilmente constatabile che il vecchio libro che prima rappresentava la principale fonte di intrattenimento sia stato da tanti sostituito con il video sul telefonino, che da una possibilità di acquisire informazioni più velocemente e con meno fatica, ma ciò che però ci sfugge è che questo tipo di acquisizione di informazioni risultata spesso frammentaria e contenutisticamente sbagliata.
Oggi ritirarsi dalla vita sociale, non rappresenta più una totale alienazione, in quanto le nuove tecnologie offrono una alternativa accettabile, anzi spesso preferibile alla autentica vita sociale.
Ad avvicinarsi e a trovare maggiore conforto nel mondo digitale sono proprio i giovani, i quali sentendosi persi in quella fase della loro vita di travaglio interiore, trovano una soluzione facile e veloce nel mondo digitale delle apparenze, dove non esistono pressioni o prestazioni, e dove ogni cosa può esserne un’altra, dove ognuno può essere un altro.
Il progresso tecnologico, l’avanzamento della tecnica sono l’espressione della potenza della ragione umana, la quale prendendo coscienza di sé si dichiara regina e legislatrice dunque di ogni cosa.
2.2 I maggiori fattori problematici dell’isolamento e gli interventi mirati
I soggetti fortemente dipendenti dai mezzi multimediali, come gli Hikikomori, come abbiamo già detto precedentemente, hanno alle radici del loro disagio un problema psico-sociale importante, e ciò sta a significare che un eventuale intervento nel tentativo disintossicare l’individuo dalla dipendenza non è mirato, in quanto sarebbe necessario e più coerente andare ad intervenire prima sul problema di matrice psicologica.
Infatti una radicale castrazione dell’utilizzo dei mezzi tecnologici rappresenterebbe una violenza ancora maggiore, tenendo conto del fatto che proprio in quello l’individuo aveva trovato una forma di “adattamento sociale”, avendo chat e social network compensato in parte al suo bisogno di socialità.
Ad ogni modo anche se la dipendenza è ciò che preoccupa di più e apparentemente sembrerebbe il problema prioritario, non è ciò che deve allarmarci di più. Infatti i maggiori fattori di preoccupazione dovrebbero essere altri, però più latenti.
Com’è abbiamo già detto il web rende più confortevole il ritiro, di quanto non lo renderebbe se non ci trovassimo in un era digitalmente avanzata, come era appunto per i nostri avi. Il mondo digitale illude il soggetto di aver trovato una soluzione alternativa accettabile, definitiva o comunque a lungo termine. Questa apparente sicurezza, andrebbe a rinforzare positivamente il ritiro del soggetto, andando ad aumentare il rischio di cronicizzazione.
Inoltre, la grande varietà di intrattenimento offerto dalla rete, diminuisce il tempo della rimuginazione dei pensieri negativi e dunque ha quasi un effetto “lenitivo” per il soggetto, ma al contempo non promuove, anzi al contrario ostacola l’elaborazione e la razionalizzazione del proprio stato, favorendo la negazione del problema, e impedendo una reazione e dunque una eventuale elaborazione risolutiva del problema.
Altri rischi favoriti dalla condizione di grande fragilità psico-emotiva degli isolati sociali, connessi all’utilizzo del web, sono abuso della pornografia, la depressione legata ai social network, fino alla radicalizzazione del pensiero stimolata da gruppi di aggregazione spontanei che promuovono l’autocommiserazione il vittimismo e che possono avere influenze profondamente negative, come per esempio il fenomeno degli “Incel”.
Conclusioni
Il cambiamento d’epoca a cui stiamo assistendo ci mette difronte all’evidenza del passaggio da un era analogica ad un’era digitale e tutti gli individui che si trovano a vivere questa mutazione ne subiscono le logiche conseguenze;
però demonizzare la tecnologia e attribuirgli ogni colpa rappresenta una visione troppo semplicistica del problema che si radica in questioni di profondità e spessore maggiore, che in questa sede non andrò ad illustrare.
Ciò che è evidente però in quanto risultato emergente da questa complessa e “contorta” situazione sociale è che ormai sul treno o in altri luoghi pubblici, un tempo spazi di aggregazione sociale, vediamo persone chine sullo smartphone che nemmeno si rivolgono lo sguardo.
Probabilmente nei prossimi anni assisteremo alla nascita di numerose comunità riabilitative per la dipendenza da internet, situate nei luoghi più periferici, immerse nella natura e nella più totale assenza di qualsiasi tecnologia digitale. Queste sicuramente rappresenterebbero soluzioni momentanee utili se desideriamo trattare una dipendenza estrema e necessitiamo di uno spazio di transizione, ma l’obiettivo non può essere semplicemente quello di rimuovere completamente il digitale dalla nostra vita, come fosse una sostanza stupefacente, ma piuttosto imparare a padroneggiare tale universo riducendo al minimo i suoi impatti negativi e valorizzando quelli positivi.
All’asino infatti si nega la carota se non adempie ai suoi “doveri”, bisogna trattarlo da animale quale è, non gli si può pretendere di negharsi di mangiare la carota che tanto desidera se c’è l’ha proprio davanti agli occhi, ma il vero uomo realizza se stesso solo se attraverso l’esercizio della sua essenza razionale riesce a rimanere “integro” anche messo alla prova, difronte magari a qualcosa che fortemente lo tenta e potrebbe fare di lui uno schiavo, come la carota fa con l’asino.
Il ruolo della comunità cristiana
Chiaramente la comunità Cristiana di fronte alla sofferenza di chi si vede costretto al ritiro sociale non deve rimanere indifferente. Infatti il problema dell’altro deve essere sempre anche il proprio problema per il cristiano, deve riguardarlo, in quanto il suo compito è quello di costruire la pace, la solidarietà, l’amicizia e dunque promuovere in conclusione la realizzazione dell’amore su questa terra; questa è la sua missione in quanto discepolo.
Per questo così come in una famiglia, i membri si sostengono l’un l’altro, in altrettanto modo è invitato a fare il buon cristiano nei confronti del proprio fratello acquisto.
In questo caso specifico la solidarietà e l’empatia verso l’ isolato sociale, dovranno consistere nel far acquisire al fratello autocoscienza di sé, della propria bellezza, del proprio valore, insomma il cristiano dovrà insegnargli a guardarsi con gli occhi di Dio, solo così l’isolato sociale, e tanti che come lui soffrono il problema del disadattamento sociale potranno acquisire nuova forza, nuova volontà e nuova vita.
Così facendo si produrrà una rete di solidarietà, per cui l’amore si moltiplicherà per questo effetto e si diffonderà sempre più.
Nessuno di fronte a Dio è inadatto ed inetto, questa è l’unica e autentica dimostrazione d’amore, l’unica vera legge l’unico vero modus vivendi che dovrebbe essere considerato corretto dall’uomo.
È così difficile vivere nel mondo contemporaneo, in cui i valori dello spirito hanno perso valore a favore di quelli materiali. Proprio per questo sarebbe meraviglioso poter realizzare un mondo in cui non importa ciò che siamo costretti ad essere da una natura biologica, dunque il nostro aspetto, ma ciò che decidiamo di essere, come scegliamo di comportarci, di condurre la vita.
Infatti non può essere considerato un pregio qualcosa che si ha per natura, al contrario può essere considerato un merito qualcosa che non si ha per natura ma si sceglie, ovvero la propria condotta.
Solo per questa e nient’altro dovremmo essere presi in considerazione, ma non per giudicarci gli uni gli altri, semmai solo per rendere conto a Dio.
L’obiettivo è quello di realizzare l’utopia di costruire il regno di Dio sulla terra, dunque per realizzare tale scopo, c’è bisogno di amore in tutto e la totale esclusione di ogni forma di violenza, di odio insomma.
Coloro che per “provvedono” alla propria esigenza di approvazione sociale, spesonalizzandosi, umiliandosi e cambiando il proprio aspetto, non sanno di non aver trovato una vera soluzione, ma solo un’effimera e provvisoria pseudo soluzione.
Dio invece ci ama senza porre condizioni di alcun tipo, e noi cristiani abbiamo sicuramente il compito di ispirarci a lui, unico e vero idolo.
Crepaldi M. (2019) Hikikomori, i giovani che non escono di casa.
Kant I. (1781) Kritik der reinen Vernunft (Critica della ragion pura).
Kant I. (1788) Kritik der praktischen Vernunft (Critica della ragion pratica).
Nietzsche F. (1883) Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen (Così parlò Zarathustra).
1882
Nietzsche F. (1882) Die fröhliche Wissenschaft (La gaia scienza)
Fiorentini Angelica
Evangelizzazione e media
Evangelizzazione e media.
I media, da quando sono entrati a far parte della cultura dell’uomo e della società, sono diventati anche uno strumento essenziale per la cristianità. Il mandato centrale di Gesù Cristo è di andare per il mondo ad annunziare la gioia del Vangelo e di invitare ogni uomo a impegnarsi personalmente nella costruzione del regno dell’amore (Marco 16,18). I primi apostoli sentivano profondamente l’urgenza di annunziare la salvezza al maggior numero possibile di persone e quindi trasformarono rapidamente ogni forma di arte comunicativa in strumento di evangelizzazione.
Il mezzo privilegiato era caratterizzato dalla predicazione con la quale ci si poteva rivolgere alle grandi masse in maniera persuasiva e incisiva. Un importante aiuto veniva anche dal miglioramento delle vie di comunicazione stradale e dei trasporti a opera dei romani. Pertanto gli apostoli affidarono i contenuti essenziali dei Vangeli ai principali canali di comunicazione come i papiri, così da poterli moltiplicare senza errori e diffonderli in tutto il mondo. L’immaginario cristiano viene presto tradotto anche in immagini, poesie, drammi, graffiti e in qualsiasi altra forma di comunicazione conosciuta nel mondo greco-romano dei tempi di Cristo. La cristianità ha inoltre sviluppato un sistema di simboli comunicativi, riti sacramentali, devozione a santi e martiri, architettura, vestiario e infine un complesso ciclo di celebrazioni atto a trasmettere i contenuti della salvezza.
Il significato dell’evangelizzazione
Il compito essenziale dell’evangelizzazione è rendere gli uomini consapevoli dell’amore di Dio – rivelatosi attraverso Gesù Cristo – in modo che la sua azione possa trasformare l’umanità dall’interno. La Chiesa fa opera di evangelizzazione quando cerca di rinnovare e riunire “la coscienza personale e collettiva degli uomini, l’attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l’ambiente concreto loro propri”.[1] L’evangelizzazione richiede un cambiamento interiore, una decisione personale e un impegno a vivere i valori del Vangelo.[2]
La trasformazione di persone, culture e storia che sta alla base dell’evangelizzazione deriva direttamente dall’intervento gratuito e disinteressato di Dio.[3] Tuttavia noi sviluppiamo il nostro potenziale di esseri umani solo attraverso il potere comunicativo del linguaggio, dei simboli e della cultura. Pertanto la grazia di Dio, tesa a rinnovare l’umanità, agisce tramite la comunicazione, una comunicazione che coinvolge tutta la personalità umana e che rende gli uomini consapevoli dell’azione interiore di Dio così da creare una collaborazione cosciente e libera con la grazia.[4] Come dice san Paolo: “… non crederanno in lui finché non lo avranno ascoltato, e non lo ascolteranno finché non avranno un predicatore, e non avranno un predicatore finché non gli verrà mandato… La fede deriva da ciò che viene predicato, e ciò che viene predicato deriva dalla parola di Dio” (cfr. Romani 10,14-17).
L’evangelizzazione non prescinde dalle emozioni, dai simboli e dal linguaggio degli uomini. Papa Paolo VI ha sottolineato in EN che la proclamazione della Buona Novella non deve ignorare la cultura esistente, e men che meno distruggerla o sostituirla, ma deve piuttosto costruire un dialogo con essa. “La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l’incontro con la Buona Novella”.[5]
Papa Giovanni Paolo II, in RM, è anche più esplicito nel descrivere l’evangelizzazione come un processo che opera a livello delle culture. “L’inculturazione significa l’intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture… Per l’inculturazione la Chiesa incarna il Vangelo nelle diverse culture e… trasmette a esse i propri valori, assumendo ciò che di buono c’è in esse e rinnovandole dall’interno”.[6] Anche Papa Francesco nel suo pontificato riflette molto sul concetto di inculturazione.
Il ruolo dei media e del digitale nell’evangelizzazione
Una cultura è costituita da un sistema di segni e simboli attraverso il quale due o più persone possano condividere lo stesso significato interpretativo relativo a oggetti ed eventi che le riguardano. La sfida dell’evangelizzazione consiste prima di tutto nel capire la logica comunicativa del Vangelo, quindi nel tradurre questa logica nei diversi linguaggi mediali di una cultura.
Di conseguenza in una cultura, come quella occidentale, caratterizzata dai mezzi di comunicazione, è importante che vanga abitata dal modo di evangelizzare in modo da poter trasmettere valori, ma soprattutto un etica. Esso non è solo uno strumento, ma un modo per fare comunità.[7] Essere efficaci comunicatori attraverso i media significa non soltanto essere capaci di trasferire un messaggio attraverso l’etere, ma anche saper usare bene i diversi ‘linguaggi’ massmediali. Come si sottolinea anche nella RM, “Non basta… usarli per… moltiplicare… e diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura” creata dalla cultura moderna… Questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici”.[8] Da questo punto di vista possiamo dire come il digitale oggi, assume realmente una forma di predicazione dove è possibile evangelizzare e raggiungere contemporaneamente tante persone.
a tal proposito ben si esprime il Pontificio Consiglio per i Laici.[9]
Responsabilità nel digitale per una sana comunicazione
Le culture trasmettono i valori da una generazione all’altra.
Gesù ha comunicato i valori del Regno attraverso le parabole. Quando Gesù vuole sconfiggere lo scetticismo e sfidare la fede della gente, evita sempre di ricorrere a lunghe argomentazioni razionalistiche, racconta piuttosto delle storie che si rivolgono all’immaginazione e ai desideri più profondi di chi lo ascolta. In questo modo è riuscito a realizzare una relazione educativa tra Lui e i suoi interlocutori. Questa relazione educativa oggi chiede di essere garantita nel digitale, applicando una serie di regole capaci di porre un sano confine che possa aiutare a sviluppare, soprattutto nei piccoli, una sana formazione. Chi annuncia, in questo caso l’adulto, o la comunità ecclesiale, deve mettersi in gioco con la propria capacità di testimonianza di una vita autentica e coerente, fondata il più possibile sulla fiducia e che permette a chi sta di fronte di scoprire la verità capace di generare.
I media fanno opera di “evangelizzazione” quando presentano dei personaggi che incarnano i valori. del Vangelo in un particolare contesto culturale. Nella misura in cui essi ricorrono a storie, immagini e personalità tratte dalla cultura locale, offrono materiali adatti alla diffusione del Vangelo.
I media come spazio rituale dove esplorare il significato della vita
I media sono fortemente legati al tempo libero e per questo vengono definiti mezzi di “intrattenimento”. Ma tempo libero non significa senz’altro perdita di tempo, quanto piuttosto tempo personale, durante il quale gli individui possono sognare, un tempo da dedicare alla comunità e alla fede. Il tempo libero offre uno spazio nel quale definire la propria identità ed esplorare modi diversi di definire la storia della propria esistenza. A tal proposito, il delicato momento storico che stiamo vivendo ci scuote, ci interroga e invita ad ascoltare i bisogni che emergono, quasi come fosse una sfida. Il digitale è parte integrante e quotidiana per tutte le relazioni personali, sociali ed educative. Anche le relazioni nei social dovrebbero essere interpretate in una grammatica educativa.[10]
Nell’attuale contesto sociale è difficile immaginare relazioni che si configurino a prescindere dai media e soprattutto dai social, per questo motivo essa richiede un grosso esercizio della responsabilità. Un attuazione distorta del potere può risultare abusante, provocando una relazione distorta, oltre che non si contribuisce alla costruzione della personalità. Essa può essere distrutta, così come le stesse culture possono uscirne profondamente modificate.
Per questo motivo diventa necessario tenere sempre in atto il metodo della prevenzione, attraverso una prassi condivisa, in modo da garantire il rispetto della dignità di ogni individuo. Saper allora comunicare correttamente, diventa una sfida sempre più complessa e gli “animatori della comunicazione”, figura che oggi ricompre un importante ruolo anche nell’ambito della pastorale digitale, oggi più che mai, sono chiamati ad essere evangelizzatori capaci di arrivare al prossimo in modo autenticamente evangelico. Nell’ultima lettera pastorale di Mons. Domenico Cornacchia, “Vino nuovo in otri nuovi”, il Vescovo rivolgendosi alla comunità della nostra diocesi di Molfetta, invita tutti coloro che sono preposti a tale impegno a lasciarsi interrogare dalle sfide comunicative odierne per rispondere al bisogno primario dell’uomo di comunicare, facendolo alla luce della Parola di Dio. Imprescindibile, in tal risposta, dev’essere l’attenzione che si deve riservare allo stile comunicativo che troppo spesso rischia di confondersi con logiche mondane e di marketing finalizzate ad attirare l’attenzione più che a trasmettere un contenuto di vita.[11]
Il significato sacramentale dei media
I Sacramenti sono l’agire salvifico del Dio uno e trino che mediante la fede accolta raggiunge l’uomo e attraverso di essi il Signore comunica, fa passare la sua grazia. Dio agisce nella storia dell’uomo con l’ingresso di Cristo. La storia dell’uomo contemporaneo si concretizza anche nei media. Già il cardinal Martini, negli anni novanta, usando una metafora tratta dal Vangelo, ha definito, i mass media, e quindi anche i media oggi, “lembo del mantello”, qualcosa di apparentemente insignificante, attraverso il quale, però, può agire il potere salvifico di Gesù (Marco 5, 25.34; Luca 8, 42-48). In questo senso i media e quindi tutto il modo digitale, sono una forma sacramentale che favorisce l’azione della grazia divina. Essi sono il punto di contatto del Vangelo con una cultura, e in particolare con la cultura urbana contemporanea. Non è più il mondo dell’agricoltura a fornire i simboli che rivelano l’azione dello spirito creativo di Dio. Per la maggior parte degli individui, le storie e i simboli più importanti per la scoperta della vita e dell’azione di Dio provengono dai mass media. È attraverso i media che essi entrano in contatto con la comunità umana ed è attraverso i media che si possono trovare nuove incarnazioni del regno predicato nel Vangelo.[12]. Tenuto conto di questa realtà, i media possono conservare un significato sacramentale, poiché può passare il messaggio del Vangelo attraverso persone che siano capaci di vivere in questo ambito la propria ministerialità, volta alla crescita e all’accompagnamento dell’individuo. La figura degli animatori della comunicazione che in questi ultimi anni comincia ad essere presente all’interno delle nostre realtà pastorali, sottolinea appunto l’importanza di questo ambito che non può essere affatto trascurato. Oggi la comunicazione è parte integrante della persona e del nostro essere Chiesa, per questo motivo così come pensiamo a formare operatori che operano nell’ambito ecclesiale in maniera fisica, dobbiamo avere la stessa cura di formare altri fratelli e sorelle che sappiano operare, vivendo la propria missione, nel virtuale che deve avere la forma del “lembo del mantello”. In questo momento dove sono cominciati i lavori del Sinodo, per incarnare il desiderio della nuova evangelizzazione, profeticamente annunciato in “Evangelii Gaudium”, è importante esser attenti ad “Ascoltare con l’orecchio del cuore”, così come ci ha invitati a fare Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la LVI giornata mondiale delle comunicazioni sociali, per saper ben comunicare. In tal senso i media possono diventare quello “spazio sacro” dove è possibile “celebrare la comunicazione della salvezza”.
[10] FRANCESCO, Esortazione Apostolica post-sinodale, Christus vivit (25 marzo 2019), nn. 86-90
[11] Cfr DOMENICO CORNACCHIA, Lettera Pastorale, Vino nuovo in otri nuovi (8 settembre 2021), paragrafo 7.5.
[12] Cfr CARLO MARIA MARTINI, Il lembo del mantello. Per un incontro tra Chiesa e mass-media (1991), pp. 15-20.
TELEMEDICINA: Il contributo delle tecnologie digitali nella cura dei pazienti a distanza
Il perfezionamento degli strumenti informatici, per mezzo dei quali possiamo connetterci con diversi utenti in tempo reale, ha contribuito alla strutturazione di nuove forme di socializzazione, il definirsi di un nuovo approccio comunicativo.
Gli strumenti tecnologici, sempre più evoluti permettono ora velocità di trasmissione dei dati che consentono praticamente il “tempo reale”; le “connessioni virtuali” permettono di accorciare la distanza tra gli utenti che così possono interagire mediante varie “piattaforme digitali”: è possibile la comunicazione anche se si è fisicamente lontani.
Il “digitale” ha influenzato il nostro comportamento, il nostro modo di porci in relazione agli altri e in relazione al mondo circostante: a livello globale siamo ormai coinvolti in una trama di relazioni virtuali, che solleva dubbi e perplessità specialmente in ambito etico.
La diffidenza nei confronti dell’uso del digitale emerge soprattutto quando si parla della sua applicazione nel settore medico, nello specifico quando il mezzo informatico viene percepito come sostitutivo della relazione fisica tra medico e paziente; persistono dubbi anche quando operatori sanitari si occupano dell’assistenza medica, della prescrizione di cure e al compimento di interventi terapeutici e riabilitativi a distanza. Nel fronte opposto troviamo chi guarda invece con occhio favorevole la sanità digitale considerata come un’opportunità per il futuro per il controllo delle malattie, un beneficio per l’intera umanità.
Passi da gigante sono stati fatti nell’ambito dell’intelligenza artificiale, si pensi alla robotica: attraverso l’azione di un robot si possono compiere interventi delicati che perfezionano la prestazione medica, ad esempio eliminando il fattore emotivo che può intervenire durante un’operazione e può risultando un ulteriore fattore di rischio a danno del paziente.
Il sistema sanitario beneficia degli strumenti informatici per far fronte alle emergenze sanitarie, in questo periodo di emergenza dovuta alla malattia da Covid-19 che ha messo a dura prova i sistemi sanitari, la sanità digitale si è rivelata un importante risorsa, medici professionisti hanno offerto il loro prezioso contributo per ridurre la diffusione della malattia e si sono mobilitati per offrire ai pazienti le cure mediche necessarie facendo ricorso al digitale.
Nel trattamento della sintomatologia lieve sono stati adottati interventi che hanno permesso la cura e la guarigione dei pazienti a distanza attraverso l’utilizzo di dispositivi tecnologici che si sono rivelati utili nel trattamento della malattia, l’intervento dei medici di base è stato principalmente quello di monitorare il decorso della malattia ed eventualmente il suo peggioramento attraverso l’ascolto dei sintomi espressi dal paziente, possiamo annoverare l’utilizzo di dispositivi mobili: tablet, pc, smartphone per la comunicazione e l’uso dispositivi mobili per compiere radiografie, ecografie e altri esami diagnostici a distanza, ma anche dispositivi indossabili per il monitoraggio di parametri vitali dei soggetti diabetici o ipertesi.
Per far fronte alle variegate esigenze dei pazienti, medici professionisti possono a loro volta intervenire adottando quelle modalità più confacenti al caso che prendono in esame, a tal proposito esistono differenti modalità di interazione virtuale non solo tra medico e paziente ovvero quella che viene propriamente detta Televisita: per cui il medico interagisce a distanza con il paziente attraverso l’utilizzo di un comune pc, smartphone o tablet, in questa visita “virtuale” il medico può prescrivere la cura adeguata per la regressione dei sintomi; il collegamento virtuale può avvenire anche tra vari operatori sanitari mediante il Teleconsulto in questo caso non si richiede la presenza fisica del paziente poiché si tratta di un consulto medico fra medici professionisti nel trattamento di un paziente a distanza, in alcuni casi urgenti in cui si richiede una cooperazione tra operatori sanitari che agiscono simultaneamente nel trattamento del paziente a distanza quando il medico di base sta compiendo un atto sanitario, è quella che viene definita telecooperazione sanitaria.
Vantaggi e svantaggi della sanità digitale
I vantaggi
Il vantaggio dell’utilizzo della tecnologia digitale nell’ambito sanitario, non è solo quella di sovvenire alle necessità di quei pazienti definiti in ambito medico soggetti vulnerabili, e che richiedono cure tempestive per l’insorgenza di complicanze riguardo alla patologia di cui il soggetto è affetto, ma anche quello di accelerare, mediante le informazioni ricevute dal paziente in riferimento alla sua storia clinica (il paziente acconsente alla trasmissione dei dati personali che saranno esaminati da figure autorizzate) i tempi per l’intervento di medici autorizzati a fornire in tempi rapidi la diagnosi.
Le informazioni relative allo stato pregresso e attuale del paziente può essere recepito dal medico attraverso l’uso di testi o immagini audiovisive.
I medici devono garantire una comunicazione efficace al fine di trattare il paziente in modo adeguato.
Si richiede una preparazione da parte del medico professionista non solo nel settore medico in cui opera ma anche sull’utilizzo degli strumenti tecnologici, una preparazione che è richiesta anche al paziente che deve essere informato sui benefici della telemedicina, per questo è importante stabilire un rapporto di fiducia tra medico e paziente consapevoli che si sta adottando un metodo innovativo che differisce dal metodo tradizionale.
La telemedicina si è rivelata uno strumento efficace per curare pazienti fragili ubicati in paesi lontani, questo metodo innovativo garantisce una continuità assistenziale efficace, la conseguente riduzione dei costi di visite mediche e la diminuzione notevole del rischio di contagio e diffusione delle malattie infettive.
Gli svantaggi
Questa nuova forma di comunicazione virtuale non sostituisce il rapporto diretto tra medico e paziente, ma questa mancanza fisica può generare soprattutto negli anziani bisognosi del contatto umano un senso di isolamento, per questo il difficile compito del medico sarà quello di rassicurare il paziente sui benefici della Telemedicina mantenendo di fatto quella relazione di fiducia per cui ogni soggetto fragile non si senta solo ma efficacemente supportato.
La visita a distanza non è però esente da rischi di cui il paziente deve essere preventivamente informato per esplicitare il suo consenso, i rischi sono collegati all’impotenza da parte del medico di un pronto intervento in alcune condizioni cliniche, ci possono essere casi in cui non può darsi una visita completa.
La prestazione medica inoltre non è esente da errori, sono stati registrati casi di malasanità, per evitare di arrecare danni al paziente è necessario seguire con estrema attenzione da parte del medico professionista e dagli operatori sanitari le linee guida offerte dal ministero della salute.
tied on a tree trunk.
Have you ever come across children being maltreated by their aunts, step mothers, worse even atimes by their own very parents? it’s unfortunate that many times children are not given their ample possibility to exploit their minds of what they think, instead most are deprived of thier rights but they are mostly engaged in works of oppression which retards their welbeing. Child labor means indulging the child in arduous labor treatment like giving heavy work that doesnot correspond to their age, abusing them by bullying and beating which affects their social, physical, mental development and potential to grow up with dignity and love for self and others. Child labor is a serious violation pf children,s rights as it inhuman activities and denial of basic needs like rights to education, food, shelter, clothes and medical care.
Thus, i present to you in this article of a ten year old girl (10) little orphan who experienced a number of these mistreatments mentioned above by her ruthless aunt after the death of her parents in a fatal accident that exposed her to life of crisis, regrets, forced maturity, phisical abuse, poor physical and mental health traumatization.
BRENDA’S NASTY EXPERIENCE
Brenda was from a very happy family of Mr.Mathew and Mary who lived in the village of Warr Offaka, Warr sub-county, Zombo district Uganda, though spent most of their time in town due to their occupations, she was the only child of her parents, it was such a well family, well formed in responsility of parenthood, moral, spiritual and a well social formation of children.It was a model family that everyone looked up to, so prayerful and observed so much the rights of children and oftenly encouraged many families to do the same in all aspects. In addition, it was a caring family that promised their only daugter that they would do all it takes to ensure her well being in all dimensions of life; physical, mental and emortional. Due to this parental care and provision of adquate basic needs and career guidance, Brenda widely improved her mental resoning and excellency in all activities she would carry out like getting first position with high scores in school, having ambitious and strong vision to the extent of one day she surprised her parents by proposing to them that besides her ambition of becoming a doctor, she desires to have a music project and her parents voluntarily accepted to support her until she achieves her dreams and that was the happiest momment for Brenda and assurance that she would realise her heart desires and promised her parents to work hard.
One Saturday morning, while Mr. Mathew and Mary were traveling to their friend’s wedding ceremony, suddenly their car lost brakes on a steep shirp corner and ended in a fatal accident that claimed their lives living the little girl a total ophan. fortunately their daughter was in another car following them, coming closer to the scene of the accident, Brenda was shocked to see her beloved parents lying in a pool of blood. What a nasty experience it was!! she wept and exclaimed “gone is my future! gone is my life!! “Death has robbed me of my treasure” and fainted.
One Sunday morning, all well – dressed and ready to go to church, Amanda saw her cousin Brenda was smarter than her she began to envy her sister’s good clothes and wanted the very clothes of her cousin. Reaching the church, Brenda was more elegant and shining with her smart wear, when the friends of Amanda asked her who Brenda was, she responded as her mother instructed but this did caltivated a sort of doubts to her friends because they wondered how could a maid be smarter than the daughter of the boss, Amanda was full of shame and disappointment of her friends. little did Brenda know it was the last time for her to wear her good clothes and shoes. returning home, she reported to her mother the scenario, Joselline Brenda’s aunt immediately ordered for all Brenda’s belongings out inoder to be checked and she did as her aunt had ordered ,her aunt then confiscated all her things and handed them to her daughter replacing them with rugs and torn clothes for Brenda to begin life with, this made the little girl burst into tears because it was unbelievable!.it was very hard for her to detach herself from her good clothes and to adapt to walking without shoes. she was slapped, chained, kicked and pushed to the kitchen to begin cooking and later was told to wash clothes while the aunt and her children entered in the house to wait for food after they had divided her clothes and the shoes.
As if that was not enough, given her little age, Brenda did not know how to cook but when the brutal aunt arrived in the kitchen and found her struggling with cooking while still crying, she immediately began to cain her claiming that she had no respect for elders and added that “i’m not the 0ne who killed your parents before making you learn how to cook and the more times you are under my roof, you will have to do as i command”.” ihhhhhh!!! auntttttt!!!” cried Brenda but she was chat down not to say anything. This left Brenda in pain, distress and could not still believe the mistreatment of her aunt, she deprived her of the freedom of expression and became so fearful and regretted the day she was born.
As school time drew closer, Brenda full of fear and trembling asked her aunt to at least allow her go to school, unfortunately as soon as she made her hamble request, she was slapped and hit on the head and shouted “You will never go to school and your future is condemned as long as i live” furthermore, she confiscated the documents and assets of the late family of Mr, Mathew, it should be recalled that Mathew and Mary had merited many properties such as land, estates, rentals, microfinance and farms for their daughter, yet the little girl lived in object poverty. she was denied good clothes, to the extent that at night she would sleep in the kitchen or veranda while her aunts enjoyed good house. Many times Brenda would spend sleepless night memorizing the life she lived before the death of her parents and began to pray for her own death which did not come immediately. Due to the denial of food, this little girl would sneak to go and eat on the food for their dogs or in the gabbages in order to sustain her life it was such unimaginable for her.
In the same line, Brenda was denied health care and treatments many times she fell sick and one of the most worse moments in her life was when she was sent to go and wash clothes under rain in the night which made her severely sick to death point, she was rushed to the hospital by a concern neighbor where she met a closest doctor who was a friend to the family of late Mathew, this doctor immediately recognised and treated her professionally until she was fine again.
After recovering from her sickness, the doctor asked her to explain her life of which she did amidst continous tears which drew the attention of the doctor, he then realized the hard situation of this little girl, he consoled her and took her along with her to her home and promised to take care of Brenda and make her study and realized her dreams not forgetting to make her aunt account for the consequences of her mistreating the little girl. This gave Brenda a clear view of joy which she had never experienced since the death of her parents and the fact of embarking on studies once again, she felt at home and developed the zeal and began again to focus on her education and other activities meanwhile the doctor traced for her aunt to be arrested. Therefore, we can certainly say Brendas sickness was a blessing in disguise!! All happens for a reason and no condition is permanent.
CONCLUSION
Conclusively child labor is not just about forcing children to work, it’s side effects are quite numerous and gruesome, it lives a lot of strain on the child’s mind, interferes with their mental and emortional health, prevents their proper growth and development, thus its a blemish on the face of a community that must be erased as soon as possible so that the children may not live in fear and hatrade growing into men and women with dignity and respect.
BIBLIOGRAPHY
Zeanah CH,Humphreys KL, Child Abuse and Neglect. Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry. 2018.
Uganda National child policy, 2020
GOVERNMENT OF UGANDA – UNICEF.
https://www.unicef.org › uganda › media › file PDF,13 ott 2020 — Ministry of Gender, Labour and Social Development Mission, … Uganda in 1990 and enacted in 1996 in a law for children, the Children.
The Constitution of the Republic of Uganda, 1995 (Constitution) recognises the rights of the child and specifically provides for children’s right to health, right to education, and right to protection from exploitation.
Testimoni e Profeti; Missionari della Consolata a San Giulio 2021
Introduzione
Quest’articolo è stato ispirato dal tema del mese missionario di questo anno; Testimoni e Profeti. Essendo chiamati ad essere missionari e religiosi siamo allo stesso tempo chiamati a essere Testimoni e Profeti. Perciò, per la prima volta, quando ho sentito questo tema, mi ha colpito. Questo, fortunatamente, non è un richiamo valido soltanto per i preti, i religiosi, ma per tutti noi fedeli in Cristo. Sappiamo bene che nel Battesimo, fondamento di tutta la vita cristiana, siamo diventati sacerdoti, profeti e re[1]. Dunque, cerchiamo di essere veri testimoni e profeti del Signore Gesù Cristo.
Il Seminario Teologico Internazionale di via della Consolata (a Bravetta) è una comunità religiosa, una casa di formazione dei Missionari della Consolata (Istituto Missioni Consolata) in Italia. Attingo del sito del nostro Istituto ‘Chi siamo’ e mi domando: il nostro Padre Fondatore come avrebbe risposto?
Sono una famiglia di persone, sacerdoti e laici, che si impegnano a portare il Vangelo nel mondo. Ma anzitutto, non sono un’organizzazione, un istituto, un collegio, bensì una famiglia. Le difficoltà che incontra chi si impegna per il Vangelo e per l’aiuto dei fratelli nelle situazioni più difficili e di frontiera, richiedono che egli abbia dei fratelli che lo aiutino, lo sostengano, lo incoraggino.
I missionari della Consolata sono dei consacrati: si dedicano alla Missione in modo totale. Sono proiettati oltre i propri confini territoriali di paese, nazione, parrocchia, diocesi. Hanno Maria, Madre di Gesù, come ispiratrice e Madre. Come Maria, che venerano con il titolo di Consolata, vogliono portare al mondo la vera Consolazione, che è Gesù, il Vangelo e insieme: la vicinanza agli emarginati, il conforto agli afflitti, la cura dei malati, l’elevazione umana, la difesa dei diritti umani, la promozione della giustizia e della pace.[2]
Il Seminario Teologico Internazionale dei Missionari della Consolata collabora con la Parrocchia di San Giulio nell’ambito della pastorale e dell’animazione missionaria. I seminaristi della casa di formazione vengono destinati, ogni anno, a questa accogliente parrocchia per motivi di crescita in ambito pastorale. Non posso dire da quanto tempo stiamo collaborando con la parrocchia; però sono sicuro che questa collaborazione esiste da un bel po’.
Tra i Missionari della Consolata che conosco, e che hanno lavorato in questa parrocchia, ricordo Padre Felix, che adesso è il segretario della regione Europa, a Milano, e Padre Matteo destinato alla nostra parrocchia di Galatina. Entrambi sono stati ordinati diaconi nella chiesa di questa parrocchia il giorno dell’Immacolata del 2019. In parrocchia hanno anche collaborato alcuni seminaristi. Al momento ci sono i seminaristi Lucien Sakimato dal R.D. del Congo e Tumusime Yowasi dall’Uganda.
I seminaristi dei Missionari della Consolata mandati in questa accogliente comunità per collaborare nelle attività pastorali vi si impegnano per tutto l’anno, collaborando nelle celebrazioni eucaristiche domenicali, nel catechismo e nell’animazione giovanile. Tutta la comunità formativa di Bravetta viene coinvolta spesso nell’animazione della Messa Missionaria di ottobre e in qualche attività natalizia, come ad esempio, nel presepe vivente.
Mi ricordo che siamo stati coinvolti ancora quando Papa Francesco ha presieduto la dedicazione della nuova chiesa il 7 aprile 2019. Va notato che dei gruppi di fedeli sono venuti a visitare la nostra comunità di formazione parecchie volte negli anni passati. Sono stati momenti di gioia e di fratellanza. La nostra amicizia è dunque notevole.
Mese Missionario e Animazione
Il tema del mese missionario di quest’anno Testimoni e Profeti è stato molto significativo. Come ho accennato all’inizio, queste sono parole che fanno ricordare l’impegno di ognuno di noi nella Chiesa. Durante la veglia missionaria alla Basilica di San Giovanni in Laterano, il 21 Ottobre 2021, mentre si raccontavano le testimonianze sulla missione risuonava il canto degli umili “Non potrò tacere, mio Signore, i benefici del tuo amore”. È stata per me una serata di ringraziamento è di ispirazione, stimolati dal richiamo di essere buoni testimoni e profeti.
Grazie all’invito della comunità cristiana di San Giulio, abbiamo avuto la possibilità di animare una Messa Missionaria per ancora un’altra volta questo anno. Il coro era un insieme delle diverse culture del seminario e dei bravi musicisti della Parrocchia. I fedeli hanno partecipato con gioia alla celebrazione eucaristica presieduta da Padre Clement dei Missionari della Consolata e concelebrata da Padre Giovanni e Padre Nicholas, rettore del Seminario Internazionale.
La Testimonianza di Padre Clement
La sua attraente testimonianza missionaria; [3] è originario del Kenya, ha studiato teologia in Colombia, ha lavorato per sette anni in Corea e ha ottenuto recentemente una licenza in Teologia Pastorale e Mobilità Umana presso la Pontificia Università Urbaniana. Vediamo ciò che ha condiviso. Ha parlato della sua esperienza missionaria e cammino vocazionale; nella sua famiglia numerosa ha avuto il primo contatto con la fede cristiana. Fece parte dei chiericati e poi del gruppo giovanile della sua parrocchia.
Ha iniziato il suo cammino vocazionale in diocesi, ma si è accorto che non c’era bisogno di sacerdoti solo nella sua diocesi, ma nel mondo intero. In parole sue: “andare al di là dei confini della diocesi”. Ha iniziato, poi, il cammino vocazionale con i Missionari della Consolata nel 1999. Dopo gli studi della filosofia a Nairobi e il Noviziato, fu mandato in Colombia dove studiò teologia e fece i voti perpetui nel 2010, a Bogotà.
Ha iniziato a vivere l’universalità della Chiesa in Colombia perché la cultura di quella nazione, in tutte le sfere, non era come quella del Kenya. La diversità nel continente nuovo gli fece comprendere la novità del posto, coinvolgendolo in diverse esperienze della pastorale. Per lui è stato un arricchimento essere presente in posti fuori dalla città e in alcuni momenti muoversi con la barca o a cavallo perché non c’erano strade, ma fiumi o sentieri. Svolse anche attività di pastorale giovanile in Ecuador dove fu ordinato diacono nel 2010.
Tutto questo gli ha fatto conoscere e, di più, capire le diversità dell’umanità, ma unita in una comune fede, tutti figli e figlie di Dio. Le esperienze lo hanno fatto essere un vero Missionario della Consolata, conoscere meglio la sua chiamata e il servizio degli altri. Dopo l’ordinazione sacerdotale fu destinato alla Corea del Sud dove la missione è essenzialmente il dialogo inter-religioso e l’animazione missionaria. Il suo impegno fu quello di avvicinare e lavorare con gli immigrati, dai quali ha imparato la pazienza non soltanto con gli altri, ma soprattutto con se stesso, e a saper apprezzare e valorizzare gli altri.
Una frase che mi colpì di più nella sua condivisione fu questa. Disse che per diventare prete o un sacerdote missionario ci vogliono due ordinazioni, ma per diventarlo ed esserlo per davvero ci vuole un processo di tanti anni, fatto di umiltà e servizio e seguendo il profeta per eccellenza, Gesù Cristo. Nella vita missionaria, come in quella della famiglia, vediamo che le motivazioni, che non vengono fortificate, muoiono.
Chiede che, come i missionari e le missionarie, tutti noi sappiamo accogliere le novità che la vita ci offre e la grazia di non trascurare il dono che Dio ci ha dato. Il Missionario della Consolata alla fine della condivisione ha promesso che nelle sue preghiere ricorderà tutti coloro che si donano per la collaborazione al servizio di Dio e dei fratelli nella Chiesa.
Conclusione
La Santa Messa Missionaria celebrata nella parrocchia di San Giulio ci è sembrata la forma migliore di onorare tanti missionari e missionarie che nel mondo hanno dato e stanno dando la loro vita per il Regno di Dio e il bene dei fratelli. Allo stesso tempo crediamo sia stato un momento opportuno di crescita cristiana e missionaria per tutta la comunità della parrocchia.
Un momento per capire e vivere meglio che tutti, ma proprio tutti, nella Chiesa siamo Testimoni e Profeti nella quotidianità della famiglia e del lavoro. Da parte nostra, del seminario teologico di Bravetta un grande grazie per l’invito al parroco, ai sacerdoti della parrocchia e a tutti i fedeli. Con un arrivederci per altre celebrazioni. Dio ci benedica tutti.
Immagini allegate sono di proprietà proprio e di uso senza lucro
Tumusime Yowasi
Seminarista, Bravetta
tumusiimejoas@gmail.com
A SOCIEDADE OPORTUNISTA NA ERA DA COVID-19
“Espero que depois da pademia não entre o Pandemónio”
Exlporação
Oportunismo
Habilidade em aproveitar os fatos ou circunstâncias para obter algo.
Procedimento ou conduta de quem, para vencer rapidamente na vida, faz uso de métodos desleais e inescrupulosos; carreirismo.
A oriegem da COVID-19 nasce justamente desta corrente ideológica.
– A OMS encoraja os países e as comunidades que adoptam políticas sobre o uso de máscaras a realizarem investigação de qualidade para avaliarem a eficácia dessa intervenção na prevenção e controlo da transmissão. “UMA MÁSCARA NÃO CIRÚRGICA NÃO É UM DISPOSITIVO MÉDICO, NEM UM EQUIPAMENTO DE PROTECÇÃO INDIVIDUAL OMS”…Pergunte a Dra Sílvia Lutucuta e Dr. Mufinda.
– Por outro, não estou de acordo, com timbragem das máscaras nas escolas públicas ou privadas colocando o nome da Instituição, ou a função que ocupa, nível acadêmico, depois as mesmas serão vendidas ao pacato aluno ou cidadão cuja própina vem da zunga, da lavra chama-se SOCIEDADE OPORTUNISTA aproveitando da pademia para explorar o miserável aluno ou cidadão realmente, esta é uma visão de curto prazo.
Ex: Máscara com nome da Instituição “ Cólegio Kandadji Wemba” ou professor de Matemática. “Abraçar um propósito vai muito além de uma campanha pontual”, afirma Francine Lemos, por isso o comportamento de quem pauta sua conduta segundo as circunstâncias, de quem subordina seus princípios a interesses momentâneos, esse vive numa SOCIEDADE OPORTUNISTA.
– Os governantes estão escondidos por detrás da COVD-19 enquanto o cidadão morre lentamente na porta da sua casa.
– A pessoa que oferece sabão, gel, alcool e bens materiais ou alimentares pede ainda ao miserável cidadão fazer uma fotografia com ele e depois faz a publicidade nas redes sociais, isto é contra o princípio ético SOCIEDADE OPORTUNISTA.“Guardai-vos de fazer vossas boas obras diante dos homens, para serdes vistos por eles…. Quando deres esmola, que tua mão esquerda não saiba o que fez a direita. Assim, a tua esmola se fará em segredo; e teu Pai, que vê o escondido recompensar-te-á”.
– “A quem iremos senhor”, há muitas multiplicidades das famosas VACINAS contra COVD-19, FALSIDADE DE TESTES, considerando a vida humana instrumento de avaliação (Cobaia). Toda vida humana, “única e irrepetível, é válida em si mesma, constitui um valor inestimável” ( Papa Francisco).
Por isso, este comportamento é típico da pessoa que é capaz de aproveitar uma situação negativa para seu próprio benefício, inclusive atuando contra os valores éticos e a prática do bem.
Portanto, quando uma pessoa é qualificada como OPORTUNISTA, significa que é uma pessoa interessada e capaz de explorar os outros em beneficio próprio. A escola, a Universidade, ou Governo não podem existirem para estes fins.
O oportunismo é analisado pela ética uma vez que o oportunista atua como se o fim justificasse os meios. No entanto, os princípios éticos nos lembram do contrário. Ou seja, nem tudo é permitido.
Todavia, as pessoas oportunistas de modo habitual são pessoas pouco íntegras. Pessoas que carecem de senso de honestidade. E ainda assim apresentam um ego excessivo e se preocupam excessivamente com sua imagem social.
Alteritas. alter significa “outro”, enquanto itas remete a “ser”, ou seja, em sua raiz, alteridade significa “ser o outro”. Portanto, vamos usar O rosto do outro como fundamento ético.
O QUE VIMOS, OUVIMOS E LEMOS.
In Tchilamwina Justino Jamba Jimbo
ALTUS ZAMBEZE, III . XXI- MMXXI
DILEMMA OF PREGNANT GIRLS AT UGANDA CHRISTIAN UNIVERSITY
Dilemma is situation in which a difficult choice has to be made between two or more alternatives, especially ones that are equally undesirable. a girl leaves home for university but somehow she is excited with her boyfriend and gets pregnant, but the institution is against pregnancy out of wedlock. On realization by the boyfriend about the pregnancy, and state of shock, he drastically decided to put an end to the relationship, on the other hand, the family was also against the pregnancy and very bitter on her to the extent of chasing her away from home. This left her confused, traumatized and scared and what was more devastating was to be discontinued from campus due to the strict policy against pregnancy.
Helpless as she was, very many things ran through her nerves on how she had disappointed her parents and how she was going to raise a baby single handedly without facilitation from the person responsible of the pregnancy. These are the three words Gladys Nakyeyune uses to describe how she felt on the nights of September 20-2010. It was the day that Nakyeyune found out that she was expecting for the first time. This was after she had gone with her boyfriend and one thing led to another. They had one to many bottles of liquor and she ended up in the mans bed. They had unprotected sex because the were very excited at that time, At that time, the now 25 year old mother of a one year baby says that it was the wrong time to have a baby because she had just been admitted at Uganda Christian university where there is a policy that penalizes girls who get pregnant out of Wedlock.
I remember crying endlessly because I did not know whom I could turn to for help since every one seemed to be against me. The only person whom she gave her entire heart when he blinded with his love that was filed a lot of joy that they slept together enjoying many bottles of liquor was no more but rather regrets as why she gave in to the man who actually does not love her but rather wanted to use her to quench his thirsty which he successfully achieved usually in such complicated situations, the first question that crosses the minds of many girls is whether to terminate the pregnancy or basically this because most of them conceive without being prepared, others conceive out of rape, from the people that they did not love and others might be the circumstances of the surrounding environment for example school. Just like Gladys Nakyeyune opted to terminate because she was still studying from the university where they couldn’t allow her to continue with her studies however it was just a mere thought that could not come to pass. What saved the situation was that a nurse she had visited to assist her abort, discouraged her from doing it, Looking straight in her eyes and asked her why she was going to kill the innocent child because every person is entitled to the right of life. Article 22 [1] of constitution of the republic of Uganda states that No person shall derive off life intentionally except in execution of a sentence passed in a fair trail by court of competent jurisdiction in respect of a criminal offense under the laws of Uganda and the conviction and sentence have been confirmed by the highest appellant court. Article 22 [2] of the constitution of republic of Uganda further states that No person has right to terminate the life of unborn child except as may be authorized by the law. Section 141 of the penal code of Uganda chap 120 provides that any person who, with intent to procure the miscarriage of a woman whether she is or is not with a child unlawfully administers to her or causes her to take any poison or noxious things, or uses any kind, or uses any other means, commits a felony and is liable for imprisonment for 14years. section 212 of the penal code of Uganda chapter 120 provides that any person who, when a woman is about to be delivered of a child prevents the child from being born a live by any act or omission by such a nature that if a child had been born a live and had then died he or she would be deemed to have been killed the child commits a felony and liable for life imprisonment. she also told her that there were slim chances of her survival in the process because of over bleeding. Much as she would survive, she would end up eventually becoming infertile, after that, Nakyeyune finally made the decision of keeping the baby. This marked the beginning of her life’s mystery at a Christian founded university that prohibits pregnancy out of wed lock.
I did my best to hide the two months pregnancy ‘because i did not want any university administrator to find out. I was scared to death that if anyone of them found out, i would be discontinued from the university. she confesses. she continued studying. But she wore very baggy clothes much as it felt awkward. Her friends got unusual concerned about her dress code but she brushed them away saying, she had a chronic illness that permitted her to wear fitting dresses. she did this until she was due. she missed classes for few weeks claiming that she was unwell in reality, she had gone away to deliver. just a few weeks after having a baby.she went back to campus and resumed her studies. Nakyeyune happens to be among some few girls at the university in recent years that have been fortunate to continue and finish their studies despite the university code of conduct regulation on marriage and pregnancy that is mentioned on the page 11 of the institutions conduct handbook. It is stated that “Pregnancy out of the wedlock is an offence, whether committed by a female student, or a male student who impregnates her”. While the minister of education and sports Janet Museveni has, on several occasions, reiterated the stand that the girls who gets pregnant while at school should not be expelled, whether it happens at primary, secondary or university level. it that pregnancy out of the wedlock is am offense. Many institutions still maintain that these girls are bad apple to keep in school but only right candidates for marriage. They usually have a famous quotation “you can not seerve two masters” meaning you can’t be a student at the same time a married couple ”
With a case such as Nakyeyunes where a girl gets pregnant and is able to continue with her studies without being penalized, one wonders if the marriage and pregnancy rule jotted in the university’s code of conduct handbook still applies. In addition Uganda Christian university states that there may be reluctance in the enforcement of the policy on the challenge that there is no specified punishment under the code of conduct. the punishment is usually determined by the university disciplinary committee. In such a case, it is not easy for the committee to give penalties that are harsh. In the upholding the university policy in such matters and being lenient to the rest of the community, I am very optimistic that very soon, the university will have policy that harmonizes the two.On how the university is currently helping such students, university offers counseling and guidance to the affected students. if the university becomes rigid, i would turn out dangerous as some girls would opt for atrocious act like abortion so as to continue with their studies. It is unfortunate that some get pregnant unconsciously may be through rape and ignorance, others engage in unprotected sexual intercourse because they are in a sexually active stage. In such a case, it is not easy for the committee to give penalties that are harsh. In the upholding the university policy in such matters and being lenient to the rest of the community, I am very optimistic that very soon, the university will have policy that harmonizes the two.On how the university is currently helping such students, university offers counseling and guidance to the affected students. if the university becomes rigid, i would turn out dangerous as some girls would opt for atrocious act like abortion so as to continue with their studies. It is unfortunate that some get pregnant unconsciously may be through rape and ignorance, others engage in unprotected sexual intercourse because of they are sexually active stage. In such a case, it is not easy for the committee to give penalties that are some harsh. On how the university is currently helping such students, university offers counseling and guidance to the affected students.In the upholding the university policy in such matters and being lenient to the rest of the community, I am very optimistic that very soon, the university will have policy that harmonizes the two.if the university becomes rigid, i would turn out dangerous as some girls would opt for atrocious act like abortion so as to continue with their studies. It is unfortunate that some get pregnant unconsciously may be through rape and ignorance, others engage in unprotected sexual intercourse because of they are sexually active stage. In the upholding the university policy in such matters and being lenient to the rest of the community, I am very optimistic that very soon, the university will have policy that harmonizes the two. On how the university is currently helping such students, university offers counseling and guidance to the affected students.if the university becomes rigid, i would turn out dangerous as some girls would opt for atrocious act like abortion so as to continue with their studies. It is unfortunate that some get pregnant unconsciously may be through rape and ignorance, others engage in unprotected sexual intercourse because of they are sexually active stage.In the upholding the university policy in such matters and being lenient to the rest of the community, I am very optimistic that very soon, the university will have policy that harmonizes the two. On how the university is currently helping such students, university offers counseling and guidance to the affected students.if the university becomes rigid, i would turn out dangerous as some girls would opt for atrocious act like abortion so as to continue with their studies. It is unfortunate that some get pregnant unconsciously may be through rape and ignorance, others engage in unprotected sexual intercourse because of they are sexually active stage. On how the university is currently helping such students, university offers counseling and guidance to the affected students. if the university becomes rigid, i would turn out dangerous as some girls would opt for atrocious act like abortion so as to continue with their studies.It is unfortunate that some get pregnant unconsciously may be through rape and ignorance, others engage in unprotected sexual intercourse because of they are sexually active stage. On how the university is currently helping such students, university offers counseling and guidance to the affected students. if the university becomes rigid, i would turn out dangerous as some girls would opt for atrocious act like abortion so as to continue with their studies. It is unfortunate that some get pregnant unconsciously may be through rape and ignorance, others engage in unprotected sexual intercourse because of they are sexually active stage.
Due to the strict policy at the university, counselor reveals that indeed there are some of such girls who fear to go for counseling because of the rule. and therefore they are often stigmatized and psychologically tortured because of the policy, he encourages them to seek counseling because it empowers them to cope and handle the situation. as some of the girls make the decision of keeping the pregnancy even amidst the policy, others have gone ahead to take the atrocious shortcut of visiting some of the clinics outside the university to ask medical personnel to assist in terminating the pregnancy. One of the nurses who preferred anonymity and operates from bugujju, the parish in Mukono district has on different occasions girls to her asking for help to abort but because abortion is illegal, she sends them away in fear to risk the closure of her clinic. The medical practitioner recalls a time when one of the girls who was about three months pregnant tried to bribe her with a huge sum of money. She was a first year student in the university who willing to pay shs500,000 for kilning the innocent life but she refused to perform that act, the student went ahead and asked for misoprostol tablets which induce either labor or an abortion. Still she refused to give them to her because professionally, they are not allowed to administer them directly to individual unless they have been prescribed and it is also a criminal offense under section 143 of the penal code 120 which provides that any person who unlawfully supplies to or procures for any person knowing that it is intended to be unlawfully used to procure the miscouraged of the woman, whether she is or is not with the child commits a felony and is liable for imprisonment for three years. As regards three girls go for abortion semester. this implies that other clinics around the university received more girls seeking abortion services. UCU is not only the university that has a strict morally oriented policy against unmarried girls who get pregnant. other like Islamic university in Uganda [IUIU] prescribe that, in the line with the teaching of the Koran, a girl who gets pregnant out of wedlock commits a sin and must be excluded, in this case, the student is expelled. However, this seems to be in contrast to the women’s rights to education, privacy and reproductive health, as enshrined in the 1995 Uganda constitution.
Article 12 [2] of the international covenant on Economic, social and cultural right outlines the steps that should be taken by the stated parties for the realization of the rights to health. these include the reduction of the stillbirth rate and infant morality and in the effect improvement of the material health. in order to prevent discrimination against women on grounds of marriage or maternity and to ensure their effective right to work, States parties are obliged to take appropriate measures to prohibit, subject to the imposition of sanctions, dismissal on the grounds of pregnancy or of the maternity leave and discrimination in dismissals on the basis of marital status. The convention further obligation with work responsibilities and participation in public life, in particular through promoting the establishment and development of the a network of child care facilitates and provide special protection to women during pregnancy in types of work proved to be harmful to them. Uganda is party to this international human rights instrument, while the constitution of Uganda guarantees the right to religion or culture of ones choice, it explicitly prohibits any culture or practice that discriminates against women, the argument that a student contracts to follow these school rules to the dot, saying these are standard contracts, in which the student does not have a genuine say. besides, one cannot contract outside of the law. the law prohibits such unfair exclusion from accessing education.
BIBLIOGRAPHY.
1.The 1995 Constitution of the republic of Uganda
2.The penal code act cap 120
3.The international covenant on economic, social cultural rights
4. internet
5.News paper [daily monitor] of Saturday November 9 2021.